E noi come str**zi (non) rimanemmo a guardare

E noi come str**zi (non) rimanemmo a guardare

Il nuovo film di Pif critica con ironia il mondo degli algoritmi e della GIG Economy, ma da questa visione distopica nasce la speranza di saper reagire.
E noi come str**zi (non) rimanemmo a guardare
Il nuovo film di Pif critica con ironia il mondo degli algoritmi e della GIG Economy, ma da questa visione distopica nasce la speranza di saper reagire.

Il riferimento del titolo è chiaro: si tratta del nuovo film di Pif con Fabio De Luigi e Ilenia Pastorelli che in questi giorni è possibile vedere su Sky Cinema. Un film leggero e simpatico, che tra le maglie dell’ironia fa passare una critica estremamente acida nei confronti della società degli algoritmi.

E noi come str**zi rimanemmo a guardare

Nessuno spoiler, ma una introduzione va concessa: il film descrive la vita sventurata di Arturo (Fabio De Luigi), la cui vita sentimentale e professionale è distrutta da un algoritmo in una spirale che non concede vie d’uscita. Solo l’amore lo spingerà a scappare da questo vortice nel quale è terminato sperimentando sulla sua pelle la vita del manager scartato, del fidanzato rifiutato e del driver.

Lei mi sta dicendo che l’algoritmo che io ho introdotto ha deciso che sono superfluo?

Arturo

Un film che riscrive con l’inchiostro simpatico la distopia di un mondo sicuramente immaginario, ma non così distante da quello degli algoritmi e della GIG Economy. Un film che scrive di futuro, ma che parla molto di presente fino a renderlo addirittura vecchio. Passato. Un film che inasprisce la critica verso chi concede i propri dati personali ignorando come str**zi le conseguenze sociali che la cosa può avere, ma un film che ci costruisce su una speranza che il finale lascia in sospeso.

Eppure noi non stiamo rimanendo a guardare come str**zi. Il film arriva forse nel momento più giusto, al punto da rivelarsi, invece che critica disillusione, proattivo stimolo a smuovere le acque. Come i due protagonisti nel finale del film, noi stiamo forse girando le spalle ad un sistema che vorrebbe lasciarsi accettare grazie al semplice patentino dell’innovazione? Siamo ancora in tempo?

Cominciamo con il guardare il film. Già disponibile per gli abbonati Sky, con soli 16,99 euro (-43%) per 3 mesi di Now Cinema per i non abbonati.

Ma non rimanemmo a guardare

Sulla trasparenza degli algoritmi e sul loro impatto nella società c’è ancora molto da imparare e approfondire, ma nel frattempo, proprio mentre il film arriva nelle case degli italiani, ecco la proposta della Commissione Europea per migliorare le condizioni di chi opera mediante piattaforme di lavoro digitali. La Commissione mette al centro proprio gli algoritmi, cuore pulsante di attività e collaborazioni che rischiano di uscire dai canoni dell’umanità per soggiogare a ritmi, principi e paradigmi propri di incontrollati automatismi:

Le nuove norme garantiranno che le persone che lavorano mediante piattaforme di lavoro digitali possano godere dei diritti e delle prestazioni sociali loro spettanti. Esse beneficeranno inoltre di una protezione aggiuntiva per quanto riguarda l’uso della gestione algoritmica (ossia di sistemi automatizzati che affiancano o sostituiscono le funzioni dirigenziali sul luogo di lavoro). Un insieme comune di norme dell’UE garantirà una maggiore certezza del diritto, consentendo così alle piattaforme di lavoro digitali di trarre pieno vantaggio dal potenziale economico del mercato unico, e condizioni di parità. […]

La direttiva aumenta la trasparenza nell’uso degli algoritmi da parte delle piattaforme di lavoro digitali, garantisce il monitoraggio umano del rispetto delle condizioni di lavoro e conferisce il diritto di contestare le decisioni automatizzate. Questi nuovi diritti saranno concessi sia ai lavoratori subordinati sia ai veri lavoratori autonomi.

L’algoritmo non può essere una foglia di fico che aliena responsabilità dai datori di lavoro e diritti dai lavoratori: la proposta della Commissione tenta di portare nella legislazione europea un paracadute rispetto ad un futuro che altrimenti il film di Pif descrive con facile precisione.

L’immagine di John Fuuber (Eamon Farren) nel film è quello del classico founder della classica startup con il classico esordio in un garage, che ha trovato il successo scommettendo su sé stesso e nel codice ha riscritto il proprio destino. A ognuno è chiesto di scommettere su sé stessi allo stesso modo, rinunciando ad ogni tutela nel nome della follia e del coraggio, nella tradizionale cornice che troppe startup e troppe “GIG” aziende hanno cavalcato per lucrare sull’immaginario dell’innovazione a tutti i costi.

Il film di Pif potrebbe essere uno scivolo distopico verso un possibile orizzonte di terrore, invece si rivela paradossalmente come un motto di speranza. Forse, alla luce delle avvisaglie che iniziano a sentirsi, la storia scriverà infatti che non rimanemmo come str**zi a guardare.

Link copiato negli appunti

Ti potrebbe interessare

Pubblicato il
9 dic 2021
Link copiato negli appunti