Impugnare un pennino e intrattenersi con il doppio schermo di una console portatile può essere stimolante, ingaggiare una sfida con la propria età cerebrale può catturare l’attenzione di frotte di giovani discenti. “Ma chi parla di un test scientifico – denuncia un docente di psicologia cognitiva – è un ciarlatano”.
Alain Lieury , dell’università bretone di Rennes, suggerisce che l’allenamento videoludico per sviluppare la capacità logiche ed affinare la prontezza di riflessi non è che una costruzione pubblicitaria: non sono gli esercizi accattivanti proposti dai Brain Training o dai Big Brain Academy di turno a migliorare le performance di ragazzi e adulti. È piuttosto un costante esercizio mentale condotto a ritmi serrati a innescare quell’irroramento sanguigno della corteccia prefrontale del cervello capace di tradursi in risposte più pronte a pungoli logici.
Lieury ha testato sul campo le proprie ipotesi. Ha reclutato un manipolo di 67 ragazzini decenni. Si tratta dell’età in cui l’individuo è più malleabile e reattivo nel migliorarsi, ha spiegato il docente. Ha così organizzato quattro gruppi di ragazzi: due gruppi sono stati sottoposti ad un trattamento a base di Nintendo DS, un gruppo è stato sollecitato con sfide tradizionali in formato ludico ma a mezzo carta e penna, un gruppo di controllo è stato lasciato a digiuno di esercitazioni, e si è limitato a seguire il normale andamento della vita scolastica.
A precedere l’esperimento, un test di valutazione della capacità matematiche, mnemoniche e logiche dei ragazzini. Test che si è ripetuto dopo sette settimane di allenamento: “Il dottore Kawashima non è che uno di una lunga lista di mercanti di sogni”, denuncia Lieury. I risultati dell’esperimento non hanno dato seguito al “miglioramento dell’efficienza del cervello” promesso dal neurologo giapponese che sforna libri ed edutainment per Nintendo DS.
Se è vero che i ragazzini a cui è stato somministrato il trattamento a base di Brain Training hanno migliorato del 19 per cento le loro performance nel test a sfondo matematico, è altresì vero che lo stesso miglioramento è stato riscontrato negli scolari che si sono esercitati con carta e penna , ed un miglioramento del 18 per cento è stato osservato fra coloro che non si sono confrontati con alcun tipo di allenamento mentale. I test di logica hanno offerto un panorama abbastanza simile: i gruppi addestrati a base di videogame e di rompicapo tradizionali hanno migliorato le proprie abilità del 10 per cento, il gruppo di controllo si è inaspettatamente migliorato del 20 per cento. La situazione che si configura invece osservando i parametri presi in considerazione per valutare le abilità mnemoniche pendono ancora di più a favore delle ipotesi di Lieury: se gli studenti allenati con esercizi tradizionali si sono mostrati il 33 per cento più efficienti nei test di memorizzazione, il gruppo che si è cibato di edutainment ha peggiorato il proprio punteggio del 17 per cento .
Se Lieury nella sua prossima opera farà perno sulle ricerche condotte sulla videoludica per sbaragliarne gli effetti benefici propagandati dall’industria, gli esperimenti condotti in una scuola scozzese dimostrano invece che l’addestramento a mezzo console aguzzi l’ingegno e rinfranchi l’autostima degli alunni. L’industria videoludica si sta già riversando nelle aule: inoculare percorsi educativi in un ambiente ludico, servirsi del cavallo di Troia dell’intrattenimento interattivo a schermo può servire a catturare l’attenzione di intere platee di ragazzini turbolenti.
Gaia Bottà