E se l’accesso ai contenuti di Internet fosse sempre e comunque a pagamento? Cosa sarebbero maggiormente disposti a pagare gli abitanti della Rete? Una domanda a cui la società di ricerca Nielsen sembra aver dato una risposta precisa, grazie ai risultati di un recente studio su una prospettiva a livello globale: pagare per i contenuti online .
Prospettiva che, prevedibilmente, non ha suscitato particolare entusiasmo tra i circa 30mila utenti intervistati in 52 paesi del globo. L’85 per cento del campione di Nielsen ha dichiarato di preferire un accesso gratuito ai contenuti del web. E se i netizen fossero praticamente costretti a pagare per le loro quotidiane attività di navigazione in Rete?
Le percentuali di coloro che hanno già pagato per alcuni contenuti online si sono rivelate piuttosto basse. Quasi tutte al di sotto del 10 per cento , fatta eccezione per la musica in formato digitale e per il mercato dei game. La maggior parte degli intervistati sembra aver infatti preferito questi settori nell’ipotesi di un futuro fatto di pedaggi e abbonamenti.
Più del 50 per cento dei netizen si è dichiarato favorevole all’idea di pagare per quei contenuti normalmente a pagamento nella vita reale. Come ad esempio i film, i dischi e i videogiochi . Le percentuali hanno iniziato a cadere in picchiata a mano a mano che i contenuti sono stati presentati nel loro formato web-only .
Come ad esempio le notizie realizzate da fonti online e le comunità social , attualmente tanto in voga. Meno del 20 per cento degli intervistati si è dichiarato favorevole a pagare per consultare un blog, all’ultimo posto tra le preferenze dei netizen intervistati da Nielsen.
Proseguendo nel suo studio, Nielsen ha riscontrato che quasi l’80 per cento del campione ritenga sia importante che ad un abbonamento sottoscritto a una rivista cartacea debba seguire un accesso gratuito al relativo sito web. E che il 70 per cento circa degli intervistati vorrebbe una qualità migliore dei contenuti nel momento in cui vengano resi disponibili dietro pagamento di un obolo.
Mauro Vecchio