Un nuovo rapporto dell’ International Telecommunication Union (ITU), agenzia dell’ONU per gli standard tecnologici e le telecomunicazioni, prende ancora una volta in esame il grave problema dell’e-waste, rifiuti tecnologici che si accumulano a (milioni di) tonnellate nel mondo mentre le iniziative di riciclo continuano a latitare.
Il Global E-waste Monitor 2017 dell’ONU fornisce infatti numeri aggiornati sulla situazione dei rifiuti elettronici in giro per il mondo, stimando in 45 milioni di tonnellate la quantità di e-waste prodotta nel 2016 e nel 20% di detta quantità che è rientrata nel processo produttivo grazie al riciclaggio.
Il valore dei materiali grezzi inclusi in questi 45 milioni di tonnellate è pari a ben 55 miliardi di dollari, dice ancora l’ITU-ONU, e solo per gli smartphone si parla di $9 miliardi di spreco. Gran parte dei materiali viene infatti lasciata marcire nelle discariche o per strada, con tutti gli effetti che è possibile prevedere sia sul fronte ambientale che su quello economico.
Naturalmente la situazione non è uguale in ogni parte del mondo, conferma lo studio: l’e-waste prodotto in Africa pesa per il 5% del totale con zero riciclaggio, Europa e Russia generano il 28% dei rifiuti tecnologici del mondo (riciclati al 35%) e gli Stati Uniti insozzano il mondo con il 14% di e-waste e meno del 25% di materiali riciclati. La Cina produce il 16% di e-spazzatura e ne ricicla il 18%, mentre i paesi particolarmente virtuosi sul fronte del riuso includono Svizzera, Svezia e Norvegia.
L’uso dei gadget elettronici è ovviamente in crescita, quindi l’attuale situazione dell’e-waste è destinata a peggiorare ulteriormente nel prossimo futuro. L’obsolescenza programmata degli smartphone – tipologia di gadget con una durata di vita “utile” media di 2 anni – partecipa a questo peggioramento, così come pesano in maniera notevole – 1 milione di tonnellate sui 45 milioni totali – i caricatori e gli adattatori per batterie.
Alfonso Maruccia