Nonostante le limitazioni economiche imposte dalla crisi sono sempre molti gli utenti che vogliono continuare a giocare: per farlo sono disposti a ricorrere ad ogni mezzo, legale e non. Nulla di strano se non fosse che stavolta due figure chiave di Electronic Arts si mettono dalla parte degli utenti, invocando un nuovo business model che aderisca alla loro volontà.
Intervenendo nel podcast ufficiale di Electronic Arts Glen Schofield, manager del team di sviluppatore di Dead Space , ha snocciolato i numeri ottenuti da questo survival horror nei suoi primi mesi sul mercato.
Analizzando i dati di vendita del gioco uscito lo scorso 14 ottobre Schofield ha fatto notare che, a fronte di circa un milione e mezzo di copie vendute, almeno tre milioni di persone avevano giocato a Dead Space : “Abbiamo eseguito degli studi per verificare quanti utenti unici avessero usato Dead Space nei network PSN (per PS3) e Xbox Live – ha spiegato Schofield – e secondo i dati in nostro possesso il numero dei giocatori reali era doppio rispetto ai dati di vendita ufficiali”.
L’ipotesi legale formulata da Schofield per spiegare la discrepanza fra i due dati prende in esame il mercato dell’usato. Data la crisi economica infatti molti utenti starebbero ricorrendo a questa alternativa, arrestando in qualche modo il trend positivo delle vendite di videogiochi che fino ad ora sembrava aver retto al ciclone finanziario.
Ciò che in qualche modo stupisce è la calma con cui Schofield ha affrontato la questione del rapporto vendite/giocatori. Sembra anzi fare autocritica quando nel confrontare Dead Space con diretti concorrenti come Fallout ammette che, nonostante si trovino nella stessa categoria di prezzo, il primo non garantisce affatto le 50 ore di gioco promesse dall’ultimo titolo della Black Isle Studios .
Quanto dichiarato da Schofield si accosta quasi perfettamente al pensiero di John Riccitiello, CEO di EA Games: la scorsa settimana aveva rilasciato dichiarazioni quantomeno bizzarre : “Sarei contentissimo – ha confessato – se qualcuno piratasse i nostri titoli di punta. Il mercato sta evolvendosi in una direzione imposta dai consumatori e noi abbiamo intenzione di abbracciare questo modello di business”.
A supportare le tesi di Riccitiello e Schofield ci sono inoltre i dati Nielsen, da cui si evince che se da una parte i gamer sono più inclini a spendere tempo davanti ai videogiochi dall’altra è innegabile che l’attuale congiuntura economica abbia fatto stringere i cordoni di molte borse.
Giorgio Pontico