Si tratta di una buona notizia per tutti quei gamer che hanno sempre detestato la presenza di contenuti pubblicitari all’interno dei propri titoli preferiti. Ma al contempo di pessime novità per tutti quei publisher che hanno puntato sull’advertising come fonte primaria d’introito.
Gli attuali sistemi di micropagamento sarebbero decisamente più redditizi dei messaggi pubblicitari interni ai videogame , almeno secondo un general manager del game publisher statunitense Electronic Arts (EA). Questa forma di business pubblicitario non sarebbe infatti cresciuta come aveva previsto la maggior parte degli analisti.
Colpa – o merito, a seconda dei punti di vista – dei metodi di pagamento introdotti da player come Zynga, uno dei massimi alfieri di quel fenomeno in costante crescita conosciuto come social gaming. Pagare anche pochi centesimi di dollaro per un’arma speciale frutterebbe di più che far apparire una determinata marca su un veicolo.
I micropagamenti rappresenterebbero dunque una forma molto più stabile di profitto, come provato da EA dopo l’uscita di Battlefield Heroes (che adotta sia le pubblicità interne che i meccanismi adottati dai social game). Il publisher a stelle e strisce aveva in quell’occasione stipulato un accordo con l’azienda produttrice di bibite Dr Pepper.
I gamer a stelle e strisce potevano in sostanza acquistare una lattina e sfruttare uno speciale codice per ottenere una bonus feature all’interno del gioco. Questo tipo di integrazione pubblicitaria avrebbe certo dato i suoi frutti, ma non sarebbe destinata – secondo EA – al successo su larga scala.
Mauro Vecchio