Se oggi stai riflettendo sull’importanza di un Earth Day 2021, ma al tempo stesso stai minando bitcoin o altre criptovalute, servirà far chiarezza: fare entrambe le cose è oggi in contraddizione e questa contraddizione andrà presto o tardi risolta. Il problema, infatti, è noto: i processi di produzione e gestione dei bitcoin consumano un quantitativo troppo alto di risorse energetiche e questo problema non può più essere ignorato.
Bitcoin, dilemma Earth Day
Recentemente Jeffrey Sachs (con una stroncatura pesante) Bill Gates (con focus ecologico specifico) e Warren Buffet (privilegiando le argomentazioni finanziarie), tra gli altri, hanno ricordato come i consumi di energia del sistema Bitcoin siano un problema abnorme, tale da non poter rendere efficiente il sistema e portandolo inesorabilmente ad implodere. Chi vuole sapere e capire quanta elettricità serva per tenere in vita il bitcoin può fare riferimento a questa analisi, dove il risultato è chiaro: decine di miliardi di kWh annui vanno in questa sola attività, rendendosi quindi responsabili di un quantitativo di emissioni pari a quelle di una grande nazione.
Se oggi è la Giornata della Terra, l’interrogativo è giusto porselo: il pianeta può permettersi tutto ciò?
La risposta non c’è poiché intrisa di interessi: chi sta lucrando sui bitcoin punterà il dito contro le produzioni asiatiche e le emissioni delle auto diesel, chi ha a cuore il tema ecologico misurerà invece il carbone necessario per tenere in vita tanto le criptovalute, quanto le auto elettriche. Il bipolarismo del dibattito non consente ancora una serena analisi sulla questione. Ma oggi è l’Earth Day 2021 e, a prescindere dalla serenità del dibattito, il tema va posto.
Bitcoin puliti: è possibile?
Nel frattempo il problema dei consumi sembra tuttavia essersi reso manifesto anche all’interno del mondo delle criptovalute e si stanno cercando soluzioni creative molto simili a ciò che il mondo imprenditoriale sta facendo per le grandi aziende: produrre energia pulita per sopperire ai consumi effettuati può alleggerire i carichi di responsabilità e permettere il raggiungimento di quell’etichetta “carbon free” che potrà essere presto una importante medaglia al valore.
Così come New York ha ipotizzato di sfruttare i plus produttivi di una centrale a gas per minare criptovaluta (qualcosa che sa più di speculazione che non di sensibilità green) e così come Tesla promette impegno per integrare i propri Powerwall con gli impianti fotovoltaici per un sistema più virtuoso di mobilità e consumi, allo stesso modo c’è anche chi promette modelli di Bitcoin direttamente correlati alla produzione energetica con impianti solari
If bitcoin needs anything, it’s more white papers. In this one, @Square and @ARKInvest team up to argue for bitcoin as a key driver of renewable energy’s future: https://t.co/UmayxNtCFJ
Hate reading? Here’s the nutshell version:
— Spiral (@spiralbtc) April 21, 2021
Secondo questa vision, il Bitcoin non solo può alleggerirsi di responsabilità in termini di consumi, ma può addirittura farsi profeta di un nuovo modo di pensare l’energia, legandola direttamente ad un valore e creando un meccanismo virtuoso per produrre elettricità e bitcoin al tempo stesso. Il modello ARK Invest resta tuttavia al momento sulla carta: “un mondo con i bitcoin è un mondo che, in una situazione di equilibrio, genera più energia da fonti rinnovabili“.
Chi è realmente interessato al tema ecologico deve disinteressarsi del valore finanziario o speculativo del mining e semplicemente auspicare che, qualunque sia il merito o l’utilità del modello, possa configurarsi come un sistema in grado di ridurre consumi ed emissioni per il bene della collettività. Se i Bitcoin (punta di un iceberg fatto di molte altre criptovalute) non sapranno rispondere a questa responsabilità, inevitabilmente il problema dovrà imporsi. Una azienda non potrà dirsi “carbon free” se il valore che fa circolare produce emissioni in quantità e questo peserà sull’impronta ecologica del brand più di ogni stigma di mercato.