In un certo senso si tratta di Davide contro Golia: il problema è che a seconda del punto di vista, globale o locale, Davide o Golia potrebbero essere sia eBay che Craigslist. La prima è un colosso mondiale di aste e annunci, e fa registrare bilanci a nove zeri, mentre la seconda domina incontrastata il mercato USA ma si deve “accontentare” (per scelta) di poco meno di 100 milioni di dollari l’anno di introiti. Una realtà d’altri tempi quella del sito di annunci fondato da Craig Newmark, che si regge su un principio ormai dimenticato dalla Internet moderna: offrire un servizio senza che debba esserci per forza dietro un business plan ambizioso .
I due colossi ora sono finiti in tribunale: nel lontano 2004 eBay aveva rilevato un pezzo di Craigslist, per l’esattezza il 28,4 per cento da un “vecchio azionista” – ovvero uno dei primi dipendenti della società – tanto grande da garantire all’azienda delle aste online un posto a sedere nel consiglio d’amministrazione del sito di annunci. Le intenzioni di eBay, si scopre oggi , erano di arrivare all’acquisto completo di Craigslist un pezzetto per volta: c’erano stati segnali in questo senso, sembrava che Newmark e il suo socio Jim Buckmaster fossero disposti a parlarne. Ma un paio d’anni più tardi, con il lancio di Kijiji, eBay entrava in diretta concorrenza con Craigslist: e Newmark e Buckmaster rispondevano diluendo la partecipazione dei soci sotto il 25 per cento.
Un’azione definita scorretta da eBay, che ridimensionata al 24,85 per cento a causa di una nuova emissione di titoli perdeva il diritto di sedere in CdA. Un’azione del tutto legittima secondo i “padroni” di Craigslist, giustificata dalle mosse di eBay che andavano a insidiare anche in terra USA (a partire dal 2007) le operazioni della loro attività. Una gran confusione di avvocati e controquerele, con Newmark e Buckmaster che avevano finito per accusare a loro volta eBay di concorrenza sleale , per essersi seduti assieme a loro per discutere di strategie mentre pianificavano il lancio di un servizio concorrente.
Il processo, iniziato questa settimana dopo uno iato di quasi due anni, vedrà dunque confrontarsi le rispettive ricostruzioni di quanto accaduto e soprattutto le rispettive filosofie. Dalle prime dichiarazioni raccolte in aula, e pronunciate dall’ex-CEO di eBay Meg Whitman, si intuisce come fin da subito i rapporti tra i “soci” non dovevano essere stati dei migliori. I 32 milioni sborsati dalla casa d’aste virtuale per entrare dentro Craigslist non erano bastati a catturare la fiducia di Newmark e Buckmaster, insofferenti alle sollecitazioni della società con sede a San Jose volte a cambiare modello di business al servizio da loro gestito.
Il punto, arringhe e tesi forensi a parte, è proprio questo: eBay aveva interesse a entrare nel mercato degli annunci, dominato da Craigslist (che aveva già convinto anche Microsoft a desistere dal tentativo di rincorsa), ma desiderava farlo a condizioni simili a quelle che le erano abituali. Ovvero prevedendo una cifra forfettaria da pagare per ogni annuncio, così come accade ancora oggi per le aste da lei gestite: fatta eccezione per alcuni settori specifici, come gli annunci erotici e le inserzioni di lavoro, Craigslist invece non ha mai fatto pagare alcunché per i suoi servizi , arrivando comunque ugualmente a un fatturato che per il 2009 dovrebbe assestarsi attorno ai 100 milioni di dollari.
Alla fine, con qualche manovra societaria, Newmark e Buckmaster avevano “espulso” eBay dalla stanza dei bottoni: la casa d’aste aveva fatto causa , Craigslist aveva risposto con la stessa moneta sostenendo la malafede di eBay in tutta l’operazione. Il processo appena iniziato è dunque l’epilogo della vicenda, che vedrà in questa settimana avvicendarsi in aula sul banco dei testimoni vecchie e nuove facce di eBay oltre che, ovviamente, Newmark e Buckmaster. Se il giudice darà ragione a eBay, reintegrandola nelle quote e nel CdA di Craigslist, forse la casa d’aste avrà da dire qualcosa sulle modalità di funzionamento del sito d’annunci : e a quel punto la prospettiva di questo mercato, a partire dagli USA, potrebbe cambiare.
Luca Annunziata