La tecnologia diventa flessibile: celle fotovoltaiche, circuiti integrati e fonti luminose, schermi LCD, tutto si sta riducendo di spessore, si sta microminiaturizzando ma, al decrescere delle dimensioni, aumenta l’impatto della tecnologia, e il suo valore si distribuisce non solo sotto forma di elettroni o bit, ma anche di vantaggi per il pianeta.
E se tanto si è fatto per rendere i display sottili al punto da produrre degli ebook reader piatti come un foglio di giornale (senza alcuna rinuncia alla robustezza ) o dei cellulari con schermo arrotolabile , c’è anche chi tenta di realizzarli pressoché trasparenti, con la prospettiva di ricavarne anche qualche effetto 3D per via del “terzo asse”, non più oscurato. Fabbricandoli molto grandi , è facile immaginare più di qualche innovativa applicazione.
Ma la corsa alla flessibilità non finisce qui: se già da tanto i circuiti stampati si realizzano su materiali ben più esili della cara, vecchia lastra di vetronite, le celle fotovoltaiche perché dovrebbero restare all’angolo? Infatti, non ci sono rimaste : basterà superare il temporaneo ostacolo dell’efficienza, ancora non molto elevata, ma già non è più un concept . Funzionano perfettamente, si possono arrotolare intorno a una matita o spalmare sul tetto di un’auto. Anche direttamente nelle tegole del tetto, o negli stessi vetri delle finestre .
Energia, dunque, che si cerca di ricavare da ogni fonte , dal più angusto spazietto in grado di esporsi alla luce alle grandi raccolte , dal più flebile alito di vento alle poderose correnti marine , per la gioia di chi non ama vedere pale rotanti sul paesaggio e neanche sul pelo dell’acqua .
In cambio di tanti sforzi sulla produzione energetica, però, la tecnologia chiede a gran voce all’utenza la flessibilità di mosse concrete in direzione del risparmio. Ma la tecnologia è generosa, perché si adopera anche in questo senso: i circuiti stampati sono talmente sottili da essere flessibili? Dunque, perché fermarsi alla “banale” tecnologia SMD , quando gli stessi circuiti integrati possono diventare flessibili ? Il raggio di curvatura di un integrato flessibile di ultima generazione è di appena 2 millimetri : vorrà dire che, invece di essere l’aletta di alluminio ad essere applicata sul chip per raffreddarlo, sarà il chip ad essere spalmato su una superficie metallica, abbastanza disperdente da sottrargli calore. I collegamenti? Sciocchezze, ormai la materia è programmabile , si autosagoma e abbisogna sempre meno di fili.
Non basta: tra le maggiori sanguisughe non industriali di energia elettrica c’è proprio l’illuminazione, pubblica e privata. Un problema a cui i giganti dell’hi-tech dedicano studi e le più grandi metropoli cercano di accostarsi, per tentare nuove soluzioni . La strada può essere lunga , può passare per sacrifici concettuali, economici e culturali, pur di eliminare le lampade a incandescenza e, tra poco, anche le fluorescenti. Occorre solo dargli una mano e non essere sordi al richiamo , che risuona da tempo : un do ut des ad ampio spettro, con la volontà di tutti, sia lato produzione sia lato consumo , insomma, grazie al quale il caro carissimo-energia potrebbe restare solo un brutto ricordo.
Marco Valerio Principato