Secondo il Ministero per lo Sviluppo Economico la fotografia del mondo startup in Italia indica un andamento decisamente positivo, con un’impennata del 22,6% in un solo anno che porta il numero complessivo a crescere dalle 7.866 unità alle attuali 9.647. I dati emergono da un report redatto in collaborazione con Infocamere e Unioncamere.
9.647 startup
L’Italia non è un paese per startup, ma intanto le startup stanno aumentando: a parlare sono i numeri. Sebbene sia noto il fatto che il contesto sia maturato con non poche difficoltà, con vari colli di bottiglia limati poco alla volta e non senza un certo sforzo generale, oggi il trend è in realtà positivo a dimostrazione del fatto che anche nel nostro paese, e forse soprattutto nel nostro paese, c’è spazio per l’innovazione.
Negli ultimi dodici mesi la forza lavoro delle startup è cresciuta in modo più che proporzionale rispetto all’aumento del numero delle imprese: attualmente le startup impiegano 52.512 soci operativi e addetti, facendo registrare un importante +33,2% rispetto alla stessa data del 2017.
In particolare, il peso delle startup innovative è pari a poco meno del 3% di tutte le società di capitali italiane con meno di 5 anni e in stato attivo, con un fatturato complessivo stimato oltre il miliardo di euro (la stima è dovuta al fatto che la rilevazione non è al momento ancora completa). Un ambito su tutti è maggiormente coinvolto: “Ricerca & Sviluppo” configura nel 66% dei casi il contesto di impresa nel quale la startup innovativa si configura.
L’ossatura dell’ecosistema startup era e rimane comunque estremamente fragile: “Il dato sul valore mediano della produzione, pari a 30.868 euro, risulta decisamente inferiore al valore medio: segno che gran parte delle imprese è concentrata su valori della produzione ridotti“. Anche l’indice di indipendenza finanziaria è ancora sensibilmente inferiore alle altre imprese non innovative (evidenziando pertanto una solidità generale inferiore): 0,31 contro 0,43. Si tratta tuttavia di una sorta di fragilità connaturata alla definizione stessa di startup, particolare dimensione con forte turnover che vede l’ingresso continuo – e crescente – di nuove realtà ai primi vagiti che fanno da contraltare alle realtà che hanno raggiunto maturità e solidità di alto livello: “Il continuo flusso in entrata di nuove imprese di recente costituzione, che fisiologicamente presentano metriche economiche contenute, si accompagna alla progressiva fuoriuscita dalla fase di startup delle imprese più consolidate, che rappresentano le best-performer dal punto di vista statistico“. I numeri, insomma, parlano da sé, ma vanno altresì interpretati.
Milano capitale delle startup
Secondo i dati diramati dal MISE, la concentrazione delle startup è tuttavia fortemente polarizzata sul nord, in particolare sulla Lombardia, regione che raccoglie un quarto delle startup complessive; in seconda posizione viene il Lazio (con quota dimezzata) e quindi l’Emilia Romagna a poca distanza. Milano è la città in assoluto più rappresentata, seguita da Roma, Napoli e Torino.
L’aspetto “negativo” è legato ai bilanci: il 55,7% delle startup ha oggi bilancio in rosso, mentre il 44,3% vede una chiusura in positivo. Il dato è comunque per molti versi naturale e così spiegato dal MISE:
Com’è fisiologico per imprese a elevato contenuto tecnologico, che hanno tempi più lunghi di accesso al mercato, l’incidenza delle società in perdita tra le startup innovative risulta sensibilmente più elevata rispetto a quella rilevabile tra le società non innovative, comunque pari al 33%.
Interessante anche il dato relativo al valore aggiunto generato, pari a 24 centesimi per ogni euro di produzione: si tratta di un dato leggermente inferiore rispetto alle altre attività, anche in questo caso connaturato alla particolare fase evolutiva della realtà aziendale rispetto ad una situazione già a regime.
In linea generale tutti i parametri misurati – popolazione, fatturato, bilanci e altri indicatori – sono leggermente in attivo, configurando una situazione di crescita che premia le politiche per le startup fin qui intraprese. L’assenza di grandi capitali e un contesto economico generalmente asfittico non costituiscono la base ideale per uno sviluppo in doppia cifra, ma gli indicatori espressi dal MISE fotografano quantomeno un orizzonte in salute che occupa decine di migliaia di persone con un fatturato complessivo ormai del tutto impossibile da ignorare.