Il procuratore generale dello stato di New York, Andrew Cuomo, starebbe velatamente operando per soffocare la libertà di esprimersi online. A denunciarlo è Electonic Frontier Foundation ( EFF ), l’associazione che si batte a favore dei diritti dei netizen e che sta osservando con apprensione l’abbandono dei servizi Usenet da parte dei provider statunitensi.
Tutto è iniziato mesi fa, con delle indagini condotte da agenti sotto copertura sguinzagliati dal Procuratore nelle gerarchie Usenet: otto mesi di pattugliamenti hanno restituito 11.390 immagini pedopornografiche scambiate in 88 newsgroup. Un motivo per il quale il Procuratore aveva fatto pressione sui provider perché vigilassero sulle attività dei propri utenti, perché epurassero la rete dai materiali più sconvenienti. I primi ad adeguarsi alle proposte di Cuomo sono stati Verizon, Time Warner Cable e Sprint: hanno promesso di attenersi alle condizioni di utilizzo del servizio che propongono ai propri utenti e hanno promesso di sequestrare il traffico di coloro che intessono scambi di materiale riconducibile ad abusi, hanno promesso di non offrire accesso alla gerarchia alt.* . Nel giro di poche settimane hanno risposto all’appello anche AT&T e AOL: entrambi i provider non offriranno ai propri utenti i servizi per accedere ai newsgroup e scaricheranno la possibilità di offrirli a Usenet provider di terze parti.
È una strategia inefficace per contrastare i pedopornografi, denunciano da EFF, è una strategia irrispettosa del diritto del cittadino a esprimersi e a informarsi . Usenet è un protocollo che ha fatto la storia della rete, la gerarchia alt.* , spiegano da EFF, contiene 19mila gruppi nei quali si intessono le discussioni più variegate: “Bloccarla significa censurare discussioni innocenti nel tentativo di fermare l’attività illecita che si intrattiene in alcuni dei gruppi – avverte la Foundation – la censura richiesta dal procuratore Cuomo filtra arbitrariamente un intero spazio elettronico a causa delle attività di alcuni dei suoi residenti”.
È una strategia discutibile, tanto più che esistono delle misure per rimuovere i contenuti illeciti da Usenet: sono procedure costituzionali, per le quali si bilancia il diritto alla libertà di parola con la necessità di sradicare un fenomeno deprecabile. L’intervento proposto da Cuomo non risolve nulla: i criminali, una volta che gli ISP si siano lavati le mani di qualsivoglia responsabilità non offrendo servizi di accesso, possono continuare a rivolgersi a Usenet attraverso servizi di terze parti .
“Usenet è un protocollo di comunicazione, non diverso dall’HTTP – argomenta la Foundation – Nonostante il web sia anch’esso inquinato da certe quantità di materiale discutibile, nessuno potrebbe lontanamente considerare che il blocco dell’intera Internet sia una soluzione appropriata”. Sono numerose le sortite regolatorie orientate nel senso della proposta di Cuomo ed estese all’intera rete: ne è un esempio il Child Online Protection Act ( COPA ), vessillo di legislatori spaventati dalla rete sbaragliato in tribunale perché incostituzionale. Ma, basata sulla pressione politica, la strategia di Cuomo rischia di non incappare in alcun ostacolo : sfugge alle procedure di verifica di costituzionalità, spiegano da EFF, poiché si configura come una scelta da parte dei provider.
Gli utenti dei newsgroup insorgono , qualcuno mormora che i provider avrebbero fatto questa scelta di buon grado: gli ISP potrebbero ritenere ormai superfluo continuare ad offrire il servizio di accesso a Usenet e mantenere server costosi, negletti dalla maggior parte degli utenti, sfruttati anche per compiere atti illeciti .
Gaia Bottà