Secondo la Electronic Frontier Foundation, la tecnologia immaginata da Google per superare il concetto dei cookie di terze parti è qualcosa di estremamente pericoloso, “un’idea terribile”. L’associazione, insomma, vede in questo contesto una pezza che è peggio del buco. L’allarme viene dunque lanciato prima che sia troppo tardi, prima che FLoC (Federated Learning of Cohorts) diventi realtà.
A distanza di poche ore dal post di Google in cui si difendono i presupposti della propria idea, definita più ambiziosa e garante rispetto a quanto vorrebbe fare parte della concorrenza, la EFF respinge il teorema di Mountain View sottolineando il timore per cui si stia andando ad imporre all’opinione pubblica una narrativa fuorviante: se il passato era rappresentato dai cookie, il futuro non è giocoforza farcito di alternative ai cookie stessi. L’alternativa di un modo senza cookie, insomma, dovrebbe essere contemplata e la EFF vorrebbe che Google combattesse per questo ideale.
EFF: Google, fermati
La sensazione è che la chimera della tutela della privacy ed il pragmatismo del mercato vadano a scontrarsi esattamente su questo fronte – e ben sappiamo quale parte ne uscirà vincente. Ma al tempo stesso le accuse della EFF hanno il merito di riportare la discussione su binari equi, consentendo a tutti di formarsi un’idea sul vero orizzonte del possibile.
Il primo problema sollevato dalla EFF è relativo proprio alla privacy: nonostante Google ritenga impossibile identificare la singola persona poiché ogni coorte sia comprensiva di un alto numero di utenti, in realtà vi sarebbero i margini per arrivare ad identificazioni ben più capillari (fingerprinting) analizzando il comportamento del singolo browser nelle sue singole attività. La stessa Google avrebbe già manifestato pieno impegno in tal senso, ma ad oggi non vi sarebbero le basi per negare questa possibilità e ciò comporta pertanto un rischio oggettivo.
Altro serio problema sollevato dalla EFF consta nelle possibili strategie predatorie che una capacità di target basata su coorti potrebbe consentire, agendo attraverso l’esclusione di specifiche categorie da specifici annunci ed aprendo quindi a crinali pericolosi proprio sul baratro della privacy. Raggruppare in base a gusti potrebbe significare raggruppamenti indirettamente ricollegati ad età, etnia, sessualità e quant’altro: affidare tutto ciò ad un algoritmo potrebbe avere ripercussioni difficili da delineare a priori.
Quello che Google vede come un passo in avanti rispetto a ieri, la EFF lo vede come un passo indietro rispetto al domani. Le vedute non possono chiaramente allinearsi, ma in questa concertazione potranno scaturire almeno elementi calmieranti che possano definire un equilibrio possibile.