Gli attivisti di Electronic Frontier Foundation (EFF) si dimostrano seriamente intenzionati a riaprire il caso Doe v. Cisco Systems Inc., una vicenda legale che coinvolge i membri del movimento Falun Gong da una parte e Cisco dall’altra. L’accusa, per la corporation statunitense, è di aver collaborato in maniera fattiva con le autorità cinesi facilitando la persecuzione del movimento.
Il caso era già stato archiviato da un tribunale californiano a settembre del 2014 , una decisione presa dal giudice in virtù della non competenza territoriale in una questione riguardante eventi avvenuti in Cina. Un autentico “colpo di spugna” su una questione a dir poco spinosa, visto che gli ignoti autori della causa hanno denunciato di essere stati torturati dalle autorità cinesi con il supporto di Cisco.
La corporation americana avrebbe lavorato di concerto con Pechino personalizzando i suoi apparati in funzione delle necessità del “Golden Shield”, la Muraglia Digitale cinese, portando infine all’individuazione e alla persecuzione – anche corporale – degli individui sgraditi alle autorità.
Dopo l’archiviazione in California, EFF continua ora a perorare la causa appellandosi alla corte del Nono Circuito e chiedendo un nuovo processo : Cisco va considerata responsabile della violazione dei diritti umani anche se queste violazioni sono avvenute in Cina, sostiene l’organizzazione.
A ulteriore riprova delle proprie argomentazioni, EFF può ora richiamarsi a un caso conclusosi di recente (Balintulo vs Daimler) e riguardante la presunta collusione di un produttore automobilistico con il regime di segregazione razziale del Sud Africa. Cisco, neanche a dirlo, nega le accuse e rigetta l’ipotesi della personalizzazione degli apparati di rete per favorire la censura o la repressione del dissenso.
Alfonso Maruccia