Electronic Frontier Foundation (EFF), con Apache Software Foundation e Computer&Communications Industry Association si è schierata dalla parte di Microsoft, in qualità di amicus brief , nel caso che vede quest’ultima impegnata nella battaglia contro i4i per la paternità di Custom XML e ora in attesa del giudizio (discrezionale) della Corte Suprema che dovrà decidere se vale o meno la pena di riaprire ancora il caso che è già passato attraverso gli altri gradi di giudizio .
Microsoft, nonostante le ripetute sconfitte, si è infatti spinta fino alla più alta Corte per cercare di far valere il suo punto di vista: e proprio la sua tesi accusatoria potrebbe permettere a EFF di veder abbassare l’asticella per la valutazione dell’invalidità di un brevetto.
Tra i4i e Redmond c’è il brevetto 5,787,449 sull’editor Custom XML, ottenuto dalla prima e la cui validità è contestata dalla seconda.
La strategia di Microsoft in tribunale consiste nel cercare di ottenere di poter consegnare non un tipo “di prova chiara e determinante” ma di poter offrire la “preponderanza degli elementi di prova”, il principio giuridico per cui è più probabile che un fatto sia vero che no e che vige in ambito civilistico. La stessa logica, d’altronde, sarebbe già stata affermata, secondo BigM, in un altro procedimento federale attinente i brevetti.
Normalmente in un processo brevettuale vigerebbe questo principio: colui che contesta un brevetto deve dimostrare inequivocabilmente la validità delle prove che porta a suo favore , mentre il difensore si può limitare a cercare di invalidare quelle dell’avversario. Il tutto riducendosi ad un susseguirsi di testimonianze ed esperti di parte sulla validità di un determinato fatto o test.
Secondo EFF, nei casi in cui viene messa in discussione la validità di un brevetto, dovrebbe invece prevalere, come sostenuto in quest’ultima vicenda da Microsoft, il principio di “preponderanza degli elementi di prova”, dando in questo modo l’ onere della prova al difensore del titolo brevettuale in discussione .
D’altronde, sottolinea EFF, il bene pubblico sta nell’eliminazione dei brevetti ridondanti o non validi. E questo sarebbe, secondo la Fondazione, utile in particolare al mondo open source e all’innovazione.
Hanno deciso di schierarsi come amicus curiae (e a favore di questo principio di accettazione delle prove) anche altri importanti soggetti IT come Google, Apple, Intel, Netflix, Yahoo!, Dell, Hewlett-Packard, Facebook e aziende come Walmart e Toyota.
Claudio Tamburrino