Allarmate preoccupazioni, recentemente espresse dagli attivisti di Amnesty International all’urgente attenzione da parte delle autorità d’Egitto. Che dovrebbero così far cadere tutte le accuse nei confronti del cittadino Ahmed Hassan Bassyouni, arrestato alla fine di ottobre e tuttora in attesa di una definitiva sentenza.
L’uomo è stato trascinato davanti alla corte marziale di al-Haram, accusato di aver pubblicato su Facebook una serie di informazioni sull’apparato militare egiziano . Bassyouni aveva infatti aperto uno specifico gruppo sul sito in blu, rispondendo ad alcune domande su meccanismi e pratiche dell’esercito nazionale.
Informazioni di pubblico dominio, come sottolineato dalla stessa Amnesty International . Pubblicate dall’uomo senza un esplicito consenso da parte dei vertici militari , così era invece stata formulata l’accusa. L’organizzazione per i diritti umani ha tuttavia sottolineato come il processo scavalchi lo stesso apparato giuridico egiziano.
Non è solo il caso di Bassyouni ad aver scatenato le critiche degli attivisti nei confronti del governo de Il Cairo. Alcuni oppositori dell’attuale governo hanno infatti denunciato l’improvvisa sparizione di due pagine in blu , accuratamente cancellate in vista delle imminenti elezioni parlamentari in terra egiziana.
Gli stessi membri dell’opposizione non hanno però fornito prove concrete circa la diretta responsabilità da parte del governo. Una delle due pagine – intitolata siamo tutti Khaled Said – è stata ripristinata dai responsabili di Facebook. Ma la sensazione è che la mano del Presidente Hosni Mubarak sia calata sulla (troppo) popolare piattaforma social.
Una corte de Il Cairo ha proprio recentemente annullato una precedente decisione dell’organo nazionale che regolamenta le telecomunicazioni. Il flusso delle notizie generato sui vari device mobile sarebbe stato monitorato nelle settimane antecedenti il voto .
Mauro Vecchio