Manca una sola settimana all’anniversario dell’introduzione del Bitcoin come moneta di corso legale a El Salvador. Al netto delle ovvie considerazioni sull’insuccesso dell’iniziativa, occorre un’apertura di credito nei confronti dell’eclettico (sostantivo generoso) Nayib Bukele, colui il quale oggi guida il Paese con metodologie dittatoriali: non c’era momento peggiore per un all-in sul Bitcoin. Dopo la scommessa di El Salvador, infatti, le criptovalute sono crollate a livello mondiale e sulla popolazione del piccolo Stato dell’America Latina è ricaduto l’intero peso del rischio e della perdita di valore.
La scelta era comunque chiaramente rischiosa fin dal principio e nemmeno il tecno-entusiasmo di Bukele poteva coprire le falle di un meccanismo destinato ad esplodere in gravose conseguenze. Stiamo parlando infatti di un Paese povero, nel quale gran parte della popolazione era contraria a questa iniziativa, dove il Bitcoin è stato imposto con una legge mai discussa dai rappresentanti politici e basata su un wallet pieno di vulnerabilità.
Bukele non ha mai fatto passi indietro nel frattempo: non solo ha continuato a difendere a spada tratta l’iniziativa del proprio movimento “Nuevas Ideas” (“El partido màs grande de El Salvador“), ma l’ha messo al centro della nuova identità sovrana di El Salvador ed ha immaginato anche una Bitcoin City – alimentata dall’energia geotermica di un vulcano – che avrebbe dovuto trasformare il Paese dell’ombelico internazionale delle criptovalute. Quello di Bukele è infatti un esperimento basato in gran parte sull’entusiasmo, dove il panem manca e il circenses è nel primo parco divertimenti inaugurato sull’isola proprio in queste ore:
¡Nuestro Presidente, @nayibbukele, inauguró #SunsetPark, el primer parque de diversiones en la costa del país!
El parque, impulsará la economía atrayendo turistas, quienes disfrutarán de un lugar seguro, con una vista única de las playas de #SurfCity. 🤩 pic.twitter.com/4NX0jfb8rU
— Nuevas Ideas (@nuevasideas) August 27, 2022
La visione è chiara: turismo e criptovalute, apertura agli investimenti cinesi e lotta al contrabbando. In tutto questo, però, le criptovalute sono il ventre molle della politica economica di Bukele, poiché rifiutate dal Fondo Monetario Internazionale e avversate da quanti vorrebbero politiche più pragmatiche e meno fantasiose. Ora c’è il rischio che il tentativo di diventare la nuova Miami dell’America Centrale getti El Salvador in una nuova guerra intestina contro la quale gli alti e bassi del Bitcoin poco potranno fare per arginare la rabbia dei ceti più poveri.
A un anno di distanza, insomma, El Salvador non ha cambiato il proprio status e le criptovalute non hanno saputo finanziarne le ambizioni. Del resto il Bitcoin non nasce per essere moneta di Stato (idee di stablecoin a parte), ma speculazione privata. Confondere questi due piani è pericoloso e la storia probabilmente ne darà un giudizio severo.