Con una sentenza destinata a far discutere, il TAR del Lazio ha dato ragione alla Associazione Per la Prevenzione e la Lotta all’Elettrosmog (A.P.P.L.E.) in una causa che vedeva l’associazione stessa sfidare Ministero della Salute, Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. Correva l’anno 2014 e, a distanza di un quinquennio, il caso si chiude con la vittoria dell’associazione.
L’Associazione [A.P.P.L.E. ndr] è senza fini di lucro, è apartitica, è a carattere popolare ed ha lo scopo principale di promuovere, attraverso l’azione dei suoi Soci, la tutela della salute e dell’integrità degli esseri viventi e dell’ambiente dalle esposizioni ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, statici o variabili, generati artificialmente e da tutte le forme di inquinamento chimico, fisico, radioattivo e biologico.
Si tratta di una causa che arriva da lontano e che mette all’indice gli organi ministeriali per inchiodarli alle proprie responsabilità in merito all'”inerzia serbata dalle Autorità intimate in relazione all’atto di diffida del 28 giugno 2017, formulato dalla ricorrente e diretto a promuovere l’adozione di tutti i provvedimenti finalizzati all’informazione capillare della popolazione, compresa la fascia dei soggetti più a rischio (bambini, adolescenti) sui rischi a breve e lungo termine per la salute dovuti all’uso dei telefoni mobili (cellulari e cordless) e sulle indispensabili misure cautelative da adottare durante il loro utilizzo“.
Elettrosmog: la decisione del TAR del Lazio
Lo Stato avrebbe dovuto provvedere all’avvio di una specifica campagna informativa, ma così non è stato ed ora la sentenza intima ai vari ministeri di darne avvio. Entro il prossimo semestre, quindi, le Autorità avranno il dovere di
assicurare alla popolazione idonea informazione sui rischi per la salute dei cittadini, a breve e lungo termine, quali descritti nelle più recenti acquisizioni scientifiche, dovuti all’uso dei telefoni mobili (cellulari e cordless) e sulle indispensabili misure cautelative da adottare durante il loro utilizzo, con particolare riferimento alla fascia dei soggetti più a rischio (bambini, adolescenti)
Durante il dibattimento, l’associazione avrebbe prodotto documenti tratti dalla letteratura scientifica “dai quali emerge che l’utilizzazione inadeguata dei telefoni cellulari o cordless, comportando l’esposizione di parti sensibili del corpo umano ai campi elettromagnetici, può avere effetti nocivi per la salute umana, soprattutto con riguardo ai soggetti più giovani e, quindi, più vulnerabili, potendo incidere negativamente sul loro sviluppo psico-fisico“. Le parti ricorrenti, da parte loro, si sono limitate ad invocare l’inammissibilità della richiesta, senza obiettare nel merito. Una volta respinta l’inammissibilità, è rimasto pertanto sul piatto il merito della contestazione: c’è o no un rischio per la salute? Sussiste o meno un obbligo di comunicazione ai cittadini al fine di favorire la massima consapevolezza circa le necessarie cautele da far proprie nell’uso quotidiano dei dispositivi mobile?
La sentenza richiama pertanto al parere del Consiglio Superiore di Sanità del 15 novembre 2011, secondo cui l’istituto “ha rilevato che allo stato delle conoscenze scientifiche non è dimostrato alcun nesso di causalità tra esposizione a radiofrequenze e patologie tumorali, rimarcando tuttavia come l’ipotesi di un rapporto causale non possa essere del tutto esclusa in relazione ad un uso molto intenso del telefono cellulare“. Ai tempi il medesimo rapporto raccomandava di “mantenere vivo l’interesse della ricerca e della sorveglianza sul tema, in attesa che le nuove conoscenze risolvano le attuali aree di incertezza, suggerendo nel contempo l’avvio di una campagna d’informazione al pubblico al fine di promuovere e incoraggiare un uso responsabile del telefono, soprattutto in relazione ai bambini che tendono ad essere avvicinati all’uso del telefono cellulare in età sempre più precoce“. Tale campagna non ha però mai preso il via, quindi il TAR chiede ora che le parti assolvano ai propri obblighi con solerzia:
La predetta campagna di informazione e di educazione ambientale dovrà essere attuata nel termine di sei mesi dalla notifica o, se anteriore, dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza, avvalendosi dei mezzi di comunicazione più idonei ad assicurare una diffusione capillare delle informazioni in essa contenute
La campagna, specifica la sentenza, dovrà essere “rivolta all’intera popolazione“, dovrà avere ad oggetto “l’individuazione delle corrette modalità d’uso degli apparecchi di telefonia mobile” e dovrà informare circa i rischi per la salute e per l’ambiente correlati ad un uso improprio dei dispositivi indicati.
Cosa dice il Ministero della Salute
Sebbene il percorso giudiziario che ha portato alla decisione del TAR sia ormai di lungo corso, la situazione non è cambiata troppo. Sul sito del Ministero della Salute le indicazioni sono sempre le stesse, si basano su un parere del 19 marzo 2013 e fanno appello alle ricerche effettuate dall’OMS:
Ad oggi, secondo l’OMS, non è stato dimostrato alcun effetto sanitario avverso causato dall’uso dei telefoni cellulari, ma ulteriori ricerche sono in corso per colmare residue lacune nelle conoscenze.
In particolare, le evidenze scientifiche attualmente disponibili tendono, nel loro complesso, a deporre contro l’ipotesi che l’uso dei telefoni cellulari comporti un incremento del rischio di tumori intracranici. D’altra parte, non sono ancora disponibili osservazioni a distanze superiori ai 15 anni dall’inizio dell’uso e per esposizioni iniziate durate l’infanzia e l’adolescenza. Pertanto, in linea con quanto raccomandato dall’OMS, è opportuno proseguire la sorveglianza epidemiologica dell’andamento dei tumori cerebrali nel tempo e gli studi di coorte prospettici attualmente in corso.
Il ministero promette inoltre continua sorveglianza sul tema. Interessante è il fatto che la questione trovi una sua conclusione proprio mentre il mondo delle reti sta cambiando: con il 5G ormai alle porte, ogni studio dovrà essere ricalibrato sulle nuove tecnologie del mobile e dell’IoT, così che la maggior pervasività e l’utilizzo di nuove frequenze possano essere attentamente studiati in ottica di lungo periodo.
Cosa dice l’OMS
Le ultime risultanze divulgate dall’OMS risalgono al 2014 e ricordano come l’elettromagnetismo sia stato classificato dall’International Agency for Research on Cancer (pdf) tra le possibili cause di carcinoma per l’uomo. Ciò nonostante, tutti gli studi della World Health Organization concludono con l’assenza di risultanze: nessun effetto di breve termine registrato, nessun possibile impatto immediato per la salute, nessun disturbo cerebrale.
Rimane tuttavia un principio di cautela: ad oggi non è dimostrabile che nel lungo periodo i campi elettromagnetici prodotti dalla telefonia mobile non possano avere effetti deleteri sull’organismo, ma tali studi necessitano di periodi molto lunghi per poter raccogliere evidenze statistiche sufficienti. Essendo gli studi sull’elettromagnetismo iniziati soltanto negli anni ’90, ad oggi non è ancora possibile dimostrare – né negare – qualsivoglia correlazione consequenziale.
L’OMS ha nel tempo percorso la strada della prudenza: siccome non si può ancora affermare nulla con certezza, è utile evitare allarmismi così come è cosa intelligente adoperare alcuni piccoli accorgimenti a salvaguardia della propria salute. Tra questi ultimi si consiglia l’uso dell’auricolare per distanziare lo smartphone dal corpo; si consiglia altresì di non tenere i cellulare vicino a sé durante le ore notturne; si consiglia infine alle madri in gravidanza o allattamento di non utilizzare lo smartphone per evitare che il bambino possa essere troppo vicino al relativo campo magnetico. Semplici precauzioni, best-practice quotidiane a costo zero che, se non altro, fungono da elemento coercitivo per stimolare l’informazione e la consapevolezza sul tema.