Il rapporto di amore e odio che lega Elon Musk a Bitcoin fa registrare oggi una nuova uscita del numero uno di Tesla e SpaceX, che afferma di aver incontrato (da remoto) alcune delle più importanti realtà nordamericane impegnate nel mining della criptovaluta. Con quale obiettivo? Assicurarsi che la sua gestione migliori dal punto di vista della sostenibilità.
Nasce il Bitcoin Mining Council su spinta di Elon Musk
Il magnate ha definito il meeting “potenzialmente promettente”. Tra le realtà partecipanti all’incontro figurano Argo Blockchain, Blockcap, Core Scientific, Galaxy Digital, Hive Blockchain Technologies, Hut 8 Mining, Marathon Digital Holdings e Riot Blockchain. Come esito, la nascita del Bitcoin Mining Council, il cui obiettivo è quello di promuovere la trasparenza in merito all’utilizzo dell’energia e accelerare le iniziative in favore della sostenibilità a livello mondiale
.
Spoke with North American Bitcoin miners. They committed to publish current & planned renewable usage & to ask miners WW to do so. Potentially promising.
— Elon Musk (@elonmusk) May 24, 2021
Subito dopo il tweet, il valore di Bitcoin ha fatto registrare un rialzo del 4%. Servirà comunque ben altro per risollevarlo dal tonfo delle ultime settimane: il record di oltre 64.800 dollari registrato a metà aprile sembra al momento un lontano ricordo.
Non tutti vedono l’iniziativa di buon occhio. In un articolo dal taglio molto critico, Marty Brent di TFTC afferma senza troppi giri di parole che l’unica finalità è quella di arrivare a esercitare controllo sulla moneta. Un rischio da scongiurare, a tutela in primis dei tanti piccoli investitori che nulla hanno a che fare con le manovre attuate da Musk o da altri tycoon della finanza o dell’industria, intenzionati ad allungare le mani sulle innovazioni del mondo Fintech.
Nei mesi scorsi Tesla ha investito 1,5 miliardi di dollari in BTC, vendendone poi una parte generando un importante profitto. L’automaker ha anche iniziato ad accettare la criptovaluta come metodo di pagamento per l’acquisto dei veicoli commercializzati, salvo poi fare dietrofront proprio per ragioni legate proprio alla sostenibilità.