Elon Musk ha minacciato di denunciare la Anti-Defamation League (ADL), un’organizzazione non governativa che combatte antisemitismo, estremismo e fanatismo. Secondo il proprietario di X, ADL ha accusato lui e il social network di essere antisemiti. L’organizzazione avrebbe inoltre causato una diminuzione delle entrate pubblicitarie negli Stati Uniti.
Elon Musk contro ADL
Lo scontro tra Elon Musk e ADL è iniziato nel weekend, quando il Direttore dell’organizzazione (Jonathan Greenblatt) ha pubblicato un post relativo alla conversazione avuta con la CEO di X (Linda Yaccarino) sull’odio razziale.
Pochi minuti dopo sono arrivati i commenti di molti utenti di destra che hanno evidenziato la retorica antisemita. Greenblatt ha quindi cancellato il post, ripubblicato in seguito con il blocco per le risposte. Nelle ore successive sono apparsi numerosi post con l’hashtag #BanTheADL. Musk ha contribuito con diversi like (Mi piace) a post pubblicati da Keith Woods, noto youtuber antisemita.
ADL ha in passato consigliato alle aziende di interrompere le campagne pubblicitarie su X. Musk ha prima dichiarato che l’organizzazione chiede il ban degli account per piccole violazioni. Successivamente ha scritto che ADL prova ad “uccidere” la piattaforma con false accuse di antisemitismo.
Since the acquisition, The @ADL has been trying to kill this platform by falsely accusing it & me of being anti-Semitic
— Elon Musk (@elonmusk) September 4, 2023
Musk ritiene inoltre ADL responsabile del crollo (-60%) delle entrate pubblicitarie negli Stati Uniti. In pratica, l’organizzazione avrebbe condizionato le scelte degli inserzionisti. Stamattina ha infine minacciato di presentare una denuncia per diffamazione contro ADL per “riabilitare il nome” della piattaforma.
To clear our platform’s name on the matter of anti-Semitism, it looks like we have no choice but to file a defamation lawsuit against the Anti-Defamation League … oh the irony!
— Elon Musk (@elonmusk) September 4, 2023
All’inizio di agosto, X ha denunciato il Center for Countering Digital Hate che aveva pubblicato un studio sulla diffusione di post con incitamento all’odio.