Londra – Si percepisce una certa preoccupazione nell’annuncio di Brightmail , società specializzata in software antispam, secondo cui nel mese di giugno 2004 soltanto il 25 per cento delle email spedite non avevano un intento spammatorio.
Se si torna ai dati di tre anni fa, quando poco più dell’8 per cento delle email venivano considerate spam, si traccia la rotta di una rete che sta cambiando e di una posta elettronica che è sempre più inquinata da email indesiderate e virus. E riferendosi invece a dati recenti la situazione si dimostra nella sua criticità: lo scorso maggio la stessa Brightmail parlava infatti di posta legittima nel 40 per cento dei casi.
In questo senso è anche interessante notare che se lo spam in inglese rappresenta la grande maggioranza, ormai arriva al 16 per cento quello in altre lingue. Un dato che segnala non tanto la crescente “internazionalizzazione di internet” quanto il fatto che gli spammer moltiplicano le proprie tecniche di attacco.
Ciò che più preoccupa gli esperti è il fatto che, nonostante i molti passi avanti, ancora non sia stata messa a punto una strategia globale contro lo spam, che possa far respirare la rete prima che un mezzo così essenziale come l’email venga massacrato. L’idea è che sia necessario uno sforzo non solo legislativo, fin qui le norme antispam non hanno mai prodotto una diminuzione del fenomeno, ma anche tecnologico. Proprio di recente un incontro organizzato da ITU ha suscitato qualche speranza perché, se ci fosse un accordo globale, c’è chi prevede la fine dello spam entro due anni.
Mentre si parla, però, lo spam avanza, sottolinea Brightmail, naturalmente interessata anche a piazzare i propri software di protezione. “Si tratta – ha spiegato uno dei suoi dirigenti – di numeri impressionanti. Per certi versi è ormai quasi un attacco denial of service all’infrastruttura della posta elettronica”.