Yahoo non smetterà di analizzare i contenuti delle email inviate e ricevute dai propri utenti, e non interromperà le pratiche di analisi per venire incontro ai non utenti, che rivendicavano il diritto di essere consultati per autorizzarle o sottrarsi: gli avvocati dell’accusa, nel contesto della class action che tiene banco da anni, hanno ripiegato su un accordo che si nutre di soluzioni diverse, e prevede per Sunnyvale un pagamento fino a 4 milioni di dollari in sole spese legali.
È dal 2013 che un manipolo di non utenti Yahoo lamenta l’invadenza del servizio di posta elettronica nella loro vita privata: pur non avendo mai sottoscritto un contratto con Yahoo che li avrebbe potuti informare delle pratiche di analisi dei contenuti, le loro missive indirizzate agli utenti Yahoo hanno subito lo stesso trattamento, volto a garantire servizi utili all’organizzazione e alla sicurezza della corrispondenza a favore degli utenti, ma soprattutto dati per sviluppare strategie di advertising mirato. Riuniti in una class action , i non utenti si ritenevano così vittime di una pratica di intercettazione , in cambio di alcun servizio.
Il contenzioso, ora, potrebbe essere vicino alla conclusione: Yahoo e gli avvocati dell’accusa hanno raggiunto un accordo che sembra accontentarli. Sunnyvale non sarà costretta ad ammettere alcuna violazione, ma si adopererà per apportare delle modifiche al sistema con cui scandaglia la corrispondenza di utenti e non utenti. Gli avvocati, dal canto loro, si sono riservati una compensazione che Yahoo ha accettato di versare fino ad una cifra massima di 4 milioni di dollari.
Gli unici che potrebbero rivelarsi meno soddisfatti sono i non utenti: si erano rivolti alla giustizia per chiedere che Yahoo sospendesse le pratiche non autorizzate di monitoraggio delle loro email e hanno invece ottenuto che Yahoo aggiorni il proprio meccanismo di analisi operando la scansione del contenuto delle loro email solo nel momento in cui queste siano presenti nella casella di posta dei destinatari, utenti Yahoo. Sunnyvale, nell’operare queste modifiche per non lasciare spazio ad alcuna violazione del California ‘ s Invasion of Privacy Act (CIPA), che punisce gli operatori che accedano ai contenuti delle comunicazione che transitino sui loro servizi, riferisce che si tratta di “cambiamenti materiali alla architettura esistente del servizio email” che saranno implementati “con un impegno e con costi consistenti”. Il servizio aggiornerà poi le informazioni relative alla privacy sul proprio sito, così da rendere più trasparente il proprio operato.
L’accordo, per il momento, è solo una proposta: spetterà al giudice Koh, incaricata di valutare il caso, stabilire se i termini negoziati siano adatti a chiudere il contenzioso. Se casi analoghi come quello sollevato nei confronti di Facebook restano ancora da dirimere, l’accusa scagliata nei confronti di Gmail si è dissolta in una più chiara infomativa diretta a mittenti e destinatari delle email scambiate.
Gaia Bottà