Che la delibera Agcom 668/2010 abbia scatenato uno scenario incandescente è cosa ormai evidente. C’è chi ha gridato alla censura dei contenuti in Rete e chi si è arroccato invocando l’urgente necessità di tutelare un mercato digitale legittimo. Chi ha paventato un enforcement in stile dottrina Sarkozy e chi ha messo persino in dubbio l’effettiva autorità da parte di Agcom stessa.
Ma per il commissario Stefano Mannoni – ordinario di storia delle costituzioni moderne presso l’Università di Firenze – non esistono buoni o cattivi, ma solo ragioni prevalenti . Perché “la dialettica tra interessi, visioni, lobbies è il sale della democrazia e la sostanza della regolazione”.
“Nel caso del copyright hanno ragioni da vendere tutti gli operatori dell’industria, che si sono stufati di essere lasciati alla mercé di una pirateria dilagante che erode le loro risorse – ha spiegato Mannoni – Lo Stato deve tutelarli con efficacia, perché chi paga le imposte e rispetta la legge ha diritto ad essere salvaguardato. Lo Stato nasce nel 600 per proteggere la libertà e la proprietà. Siamo all’ABC!”.
Più che elementare, si tratterebbe di un tema oscuro, bisognoso di urgenti chiarimenti da parte della stessa Autorità. “Abbiamo chiesto oggi nella competente commissione Lavori pubblici del Senato un’audizione urgente del presidente dell’Agcom Corrado Calabrò – hanno annunciato i senatori del Partito Democratico (PD) Vincenzo Vita e Luigi Vimercati – Il tema sul quale riteniamo urgentissimo un chiarimento è il regolamento sui diritti d’autore”.
I due senatori hanno infatti sottolineato come “la disciplina in via di definizione vada oltre la delega già discutibile prevista dal decreto Romani di fine marzo 2010. Inoltre, pare inquietante l’eventuale surroga dei poteri del giudice naturale, con l’ipotesi di chiusura, in caso di inadempienza, dei siti rei di violare il diritto d’autore”.
Intanto, l’altro commissario di Agcom Antonio Martusciello ha cercato di fugare ogni dubbio: nessun provvedimento verrà implementato sul modello francese dei cosiddetti three strikes . “I destinatari dei nostri ordini di rimozione saranno gli intermediari della comunicazione”.
Ma dalla Spagna si è parlato di grandi rischi, sia per i cittadini che per l’economia del Belpaese. L’osservatore speciale è Julio Alonso, presidente della società di media online Weblogs . “Se in Inghilterra o in Spagna le leggi che censurano il web potrebbero frenare un poco il cambiamento in atto, in Italia il rallentamento sarebbe molto maggiore”.
Un chiaro riferimento all’ormai nota legge Sinde , che pure dovrebbe procedere con il blocco di siti votati alla condivisione illecita dei contenuti. “Ma in Spagna ci deve essere una sentenza di un giudice per chiudere un sito – ha spiegato Alonso – mentre la delibera Agcom che sta per approvare l’Italia mi ricorda la legge degli anni 70 di Franco, dove la censura, chiaramente non di Internet ma della stampa, avveniva per via amministrativa”.
Mauro Vecchio