Era il novembre del 2010 quando una corte di San José dava il via libera all’istituzione di un fondo di circa 8,5 milioni di dollari , che testimoniasse il rinnovato impegno di Google nella tutela della privacy degli utenti. L’azienda di Mountain View annunciava al mondo le sue scuse pubbliche, dopo gli incidenti causati dal suo discusso servizio social Buzz.
Diverse le organizzazioni statunitensi a cui erano stati destinati gli 8,5 milioni di dollari, tutte impegnate nella protezione del diritto alla riservatezza o più in generale delle libertà fondamentali dei netizen. Tra queste, l’ American Civil Liberties Union (ACLU), Electronic Frontier Foundation (EFF) e YMCA of Greater Long Beach .
Ma gli attivisti di Electronic Privacy Information Center (EPIC) erano stati esclusi dal fondo , nonostante avessero denunciato per primi le falle delle feature di Buzz. Un secondo giudice statunitense ha ora obbligato BigG a destinare una somma pari a 500mila dollari alle casse di EPIC , descritta dalla stessa corte come un’organizzazione prestigiosa e rispettata nel panorama della privacy online.
Il fondo istituito da Google avrebbe dunque chiuso ingiustamente i cordoni della sua borsa nei confronti di un’organizzazione pari ad ACLU o EFF. Secondo i legali di EPIC, l’azienda di Mountain View avrebbe destinato i soldi solo verso centri amici, legati ad attività di lobbying o di semplice consulenza. Pare che inizialmente EPIC avesse chiesto 1,75 milioni di dollari, sottolineando però come si trattasse di una mera questione di principio.
Mauro Vecchio