Per qualcuno è stato colmato un vuoto normativo che sacrificava il ruolo dei titolari dei diritti sulle opere dell’ingegno da più di sei anni. Per altri si tratta di un decreto che stravolge di fatto il regime vigente relativo alla copia privata di contenuti digitali, introducendo un balzello il cui importo cresce proporzionalmente alla capacità di memoria degli apparecchi elettronici.
È recente la firma apposta dal ministro per i Beni e le Attività Culturali Sandro Bondi al già noto decreto con il quale si stabiliscono a norma di legge i contenuti e le misure del cosiddetto equo compenso per la copia privata. E l’eco accesa del dibattito è giunta puntuale, tra le più classiche posizioni a favore e contro.
Visibilmente soddisfatta la Federazione Industria Musicale Italiana (FIMI) che attraverso le dichiarazioni del suo presidente Enzo Mazza ha parlato di un positivo adeguamento del Belpaese all’evoluzione tecnologica. La stessa tecnologia che oggi consentirebbe un sempre più ampio consumo di musica con apparecchiature sempre più sofisticate e strumenti d’archiviazione sempre più potenti. Le nuove norme – stando alle parole di Mazza – offrirebbero ai consumatori nuove opportunità per utilizzare le copie personali nel pieno rispetto della legge .
Non dello stesso parere, i presidenti di Confindustria ANIE Guidalberto Guidi, di Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici, Stefano Pileri, di Assinform, Paolo Angelucci e di Assotelecomunicazioni-ASSTEL, Stefano Parisi. Il decreto recentemente firmato da Bondi avrebbe ignorato completamente le raccomandazioni avanzate dall’industria.
Il decreto – stando ai vari presidenti già citati – andrebbe ad introdurre un meccanismo perverso che farebbe accrescere una sostanziale tassa in ragione delle performance dell’apparecchio , incidendo esponenzialmente sui costi sostenuti dagli utilizzatori. E verrebbe introdotta un’ulteriore penalizzazione: l’estensione a tecnologie come i cellulari, che non hanno come funzionalità principale la duplicazione di contenuti digitali.
La Società Italiana Autori ed Editori (SIAE) ha parlato della solita tempesta di reazioni scatenata in un bicchiere d’acqua. In particolare, in un comunicato, ha negato che l’equo compenso costituisca un serio freno alle nuove tecnologie. “È uno degli auspicati adeguamenti anche al mondo digitale di regole di garanzia a tutela del lavoro – ha scritto SIAE – In questo caso del lavoro creativo e dell’industria dei contenuti. Per di più l’industria tecnologica si è sviluppata in gran parte proprio grazie alla diffusione dei contenuti”.
“Cosa sarebbe un iPod senza canzoni?”, si è domandata SIAE. Per Marco Pierani, responsabile delle relazioni esterne istituzionali di Altroconsumo, si tratterebbe di un esempio sbagliato: “Le canzoni che ogni consumatore scarica legalmente da iTunes le ha pagate alla fonte insieme al diritto di fare un certo numero di copie sulla base della licenza”.
La stessa Altroconsumo, associazione a difesa dei diritti dei consumatori, ha fatto qualche calcolo , affermando che nel corso di un anno una famiglia italiana media spenderà più di 100 euro per effetto del decreto firmato da Bondi. Si tratterebbe di un perverso meccanismo di triplo pagamento a carico del consumatore: “Scaricando legalmente un brano da iTunes, il consumatore sta già pagando per le copie private. Poi paga l’equo compenso sul PC. Poi quello sull’iPod”.
Mauro Vecchio