Aveva combattuto fieramente contro le richieste dell’industria della musica, avrebbe voluto fare della propria battaglia legale il precedente a cui tutti i condivisori si sarebbero potuti aggrappare per giustificare il fatto di essersi abbeverati al P2P per placare la propria sete di contenuti. Joel Tenenbaum si era schiantato nello scorso mese di agosto con una richiesta di risarcimento pari a 675mila dollari, quasi 470mila euro: la corte lo aveva condannato violazione della proprietà intellettuale. Ora chiede di essere riprocessato.
Tenenbaum, sostenuto da un team legalmente e mediaticamente agguerrito capitanato dal docente di Harvard Charles Nesson , era capitolato di fronte alle prove raccolte da Sony attraverso MediaSentry , sistema di monitoraggio di cui si voleva tentare di denunciare l’eccessiva invasività. Aveva ammesso la propria colpevolezza, rinunciando a far emergere l’incostituzionalità delle tattiche antipirateria messe in campo dall’industria dei contenuti, aveva incassato la richiesta di risarcimento, che avrebbe voluto dimostrare incalcolabile senza alcuna prova dell’avvenuta disseminazione illegale di opere protette dal diritto d’autore.
Tenenbaum e i suoi avvocati, fin dall’inizio del processo, avevano sostenuto che colui che si fosse macchiato di una violazione del diritto d’autore avrebbe potuto al limite compensare l’industria per il valore di mercato del brano: 99 centesimi sarebbe stata una cifra adeguata, gli oltre 15mila euro richiesti per ciascuno dei 30 brani per cui è stato accusato Tenenbaum non sarebbero stati giustificabili. 99 centesimi era il prezzo di riferimento per i legali di Tenenbaum, il prezzo di un brano su iTunes.
Proprio l’ecosistema di Apple era stato determinante nella decisione del giudice: il fatto che esistessero delle alternative legali e accessibili al momento della violazione commessa dal giovane Tenenbaum nel 2004 rappresentava una motivazione a supporto della condanna. Ma il giudice, sostiene ora la difesa capitanata da Nesson, nel documento depositato ora presso la corte distrettuale del Massachusetts, ha commesso degli errori nel prendere in considerazione la tempistica degli eventi e lo stato del mercato . Nel 2004 esisteva, sì, lo store di Apple ma, oltre a offrire un catalogo ancora scarno rispetto a quello attuale, costringeva gli utenti a destreggiarsi con musica lucchettata da sistemi DRM . Per questo motivo cittadini della rete come Tenenbaum sarebbero stati messi di fronte ad una scelta poco equa: acquistare legalmente presso gli store online rassegnandosi a fare dei contenuti l’uso stabilito dalle major, acquistare CD sobbarcandosi l’opera della conversione per guadagnarsi il diritto alla copia privata, oppure rivolgersi al P2P per appropriarsi realmente di contenuti senza vincoli.
“Il download di Tenenbaum – questa la ricostruzione dei legali del giovane – in realtà non era che espressione dell’impatto sociale della rivoluzione tecnologica e una conseguenza delle strategie commerciali dell’accusa”. La scelta, secondo il team di Tenenbaum, era quasi obbligata: attingere al P2P, in quella contingenza, era puro fair use , uso legittimo e tutelato dalla legge. Una contingenza che durerebbe fino al 2007, anno in cui Steve Jobs ha ripudiato lacci e lacciuoli dei sistemi DRM e la distribuzione online si è progressivamente adeguata .
Per quanto attiene invece la stima dei danni, i legali continuano a definire “sproporzionata” e “irragionevole” la somma da risarcire : “punisce Tenenbaum non solo per le sue azioni ma anche per l’insieme delle azioni commesse da altri – si legge nel documento – e lo punisce non solo per il danno che avrebbe eventualmente inflitto all’accusa ma anche per quello che avrebbe inflitto a persone che non hanno nulla a che vedere col processo ma che sono state colpire dal declino degli introiti nel business della musica”.
Per questo motivo Tenenbaum e il suo team chiedono una nuova opportunità per far valere quelle che ritengono le proprie ragioni: Sony potrà esprimere il proprio parere, dopodiché spetterà alla corte decidere se accogliere o respingere la mozione. Qualora non fosse concessa a Tenenbaum una seconda possibilità, Nesson si accontenterebbe di uno sconto sull’entità del risarcimento.
Gaia Bottà