La vita dei cittadini è sempre più compenetrata con il suo versante digitale: si affidano alla Rete dati e informazioni, transazioni e comunicazioni, identità che resistono alla morte, che rischiano di rimanere un’eredità intoccabile. Si è tenuto la scorsa settimana a Milano, presso l’università Luigi Bocconi, il convegno intitolato “Identità ed eredità digitali. Stato dell’arte e possibili soluzioni al servizio del cittadino”, organizzato dal Center on International Markets, Money and Regulation dell’Università commerciale Luigi Bocconi in collaborazione con il Consiglio Nazionale del Notariato. Un’occasione utile a tentare di far luce sui nuovi problemi creati dallo sviluppo e dalla diffusione delle nuove tecnologie, e il loro impatto sulla vita quotidiana in faccende molto prosaiche come la gestione dei beni immateriali di un cittadino dopo la sua dipartita.
Come spiega a Punto Informatico il professore Oreste Pollicino la questione è principalmente legata al fatto che nell’era digitale diventa necessario definire la sorte dei propri dati online, che vanno dagli archivi digitali, locali o su cloud, agli investimenti gestiti online, passando per i blog e i profili social. Non si tratta di briciole: un sondaggio a cura di McAfee del luglio 2014 ha calcolato che a livello globale il valore dei beni virtuali memorizzati sui dispositivi digitali è pari a circa 35mila dollari per ciascun navigatore. In cima alla classifica ci sono i ricordi personali, foto e video con un valore di 17.065 dollari; seguono le informazioni personali (sanitarie, finanziarie) con un valore di 6.400 dollari, le informazioni di natura professionale con un valore di 4.381 dollari, quelle relative ai progetti e hobby (poco più di 3mila dollari), le comunicazioni personali (2.147 dollari) ed i file ludici/di intrattenimento (1.721 dollari).
Due sono i livelli di problematiche: uno legato all’accesso a password e alla conoscenza stessa da parte dei prossimi dei beni digitali del de cuius (in caso di scomparsa improvvisa, infatti, gli eredi se non hanno accesso alla posta elettronica del defunto, potrebbero ignorarne completamente l’esistenza); l’altro basato sulla giurisdizione applicabile, da momento che spesso tali servizi non sono basati in Italia e seguono quindi la legislazione internazionale. Problematiche simili cominciano a far capolino negli studi dei notai italiani e, oltre alla valenza patrimoniale, hanno anche un valore umano e di costume.
I problemi nascono con l’applicazione di normative vecchie a realtà nuove (create dal digitale) e all’impossibilità di trovare una soluzione a livello nazionale: i principali operatori di servizi Internet hanno sede negli USA, o in ogni caso sono multinazionali con sedi all’estero rispetto al paese in cui operano e le loro condizioni d’uso, che l’utente accetta, rinviano quasi sempre ad una legge e ad un tribunale straniero. Il Notariato italiano, così, ha pensato di occuparsi della materia avviando un un tavolo di lavoro che coinvolgesse non solo gli operatori del settore (con Microsoft e Google in prima fila a dimostrazione del loro interesse per l’argomento), ma anche studi legali ed esperti della materia. L’idea è quella di creare un sistema di risoluzione delle controversie ad hoc, una soluzione alternativa ai fori giuridici tradizionali.
Spinta al progetto è stata in particolare data – spiega il prof. Pollicino – dal coinvolgimento di Stefano Rodotà e Tom Smedinghoff, della American Bar Association , massimo esperto statunitense della materia: proprio la loro inclusione è stato il volano che ha portato all’interessamento anche di Microsoft e Google e che potrebbe rendere l’esperienza italiana un modello anche per gli altri paesi.
Mountain View, peraltro, ha già cercato di sperimentare una possibile soluzione offrendo ai propri utenti la possibilità di redigere una sorta di testamento digitale che riguardi le molte cose che quotidianamente immettiamo in Rete. Pensieri, parole, opere e omissioni da gestire in automatico anche dopo la triste dipartita ( Gestione Account Inattivo ). Al contrario un servizio social come Facebook sembra avere una sensibilità molto diversa nei confronti della questione e ha previsto la possibilità di creare veri e propri account commemorativi.
Claudio Tamburrino