La lotta alla disinformazione e alla circolazione delle fake news deve necessariamente passare attraverso una collaborazione attiva da parte delle realtà che si occupano di raccogliere, gestire e veicolare le informazioni stesse. È quanto sostiene la Commissione Europea annunciando la sottoscrizione volontaria di un Codice di Condotta da parte di gruppi attivi nei territori del mondo online e dell’advertising.
Il Codice di Condotta
Tra coloro che hanno aderito all’iniziativa spiccano i nomi di Facebook, Google, Twitter e Mozilla ai quali si aggiungono alcuni non meglio precisati membri dell’organizzazione EDiMA. Secondo Mariya Gabriel, Commissario Europeo per l’Economia e la Società Digitali, si tratta di un primo importante step nella giusta direzione. Entro la fine dell’anno Bruxelles tornerà sul tema, esaminando i risultati raggiunti e raccogliendo i feedback generati, intervenendo se necessario per apportare modifiche al Codice.
Sono cinque le aree di intervento entro le quali agire per far fronte a quello che oggi costituisce uno dei principali problemi dell’ecosistema online, come già stabilito in una comunicazione di aprile.
- Interrompere l’erogazione dei proventi legati all’advertising per gli account e i siti Web responsabili di disinformazione;
- rendere le pubblicità di stampo politico o legate a determinate tematiche più trasparenti;
- affrontare il problema degli account falsi e dei bot;
- fornire agli utenti i tool necessari a segnalare le pratiche di disinformazione e ad accedere a diverse risorse per le news, migliorando la visibilità e il raggiungimento dei contenuti autorevoli;
- supportare la comunità di ricercatori nel monitoraggio della disinformazione online attraverso un accesso ai dati delle piattaforme, nel pieno rispetto della privacy.
In vista delle elezioni europee
L’importanza e l’urgenza della questione sono amplificate dall’incombenza delle elezioni che andranno a rinnovare il Parlamento Europeo, fissate per il maggio 2019. La priorità è evitare che vi siano interferenze di qualsiasi tipo, un’ipotesi da non escludere (nemmeno per il nostro paese) sulla base dell’esperienza maturata, ad esempio, con le presidenziali USA del 2016.
Il Codice e altre iniziative poste in essere dalla Commissione rappresentano step essenziali nell’assicurare un’attività delle campagne online trasparente, leale e attendibile in vista delle elezioni europee che si svolgeranno nella primavera 2019.
Il pericolo disinformazione
Interessante sottolineare la definizione di disinformazione fornita dalla Commissione nel Codice di Condotta: fa riferimento a “informazioni di cui si può verificare la natura falsa o ingannevole”, create a fini di lucro o per raggirare il pubblico, che “possono creare danni” e “pericoli per i processi democratici e legislativi o per beni pubblici come la salute dei cittadini europei, l’ambiente o la sicurezza. Queste le parole della Gabriel riportate in un comunicato ufficiale.
È la prima volta che l’industria ha accettato una serie di standard di autoregolamentazione al fine di combattere la disinformazione a livello globale e su base volontaria. Queste realtà si stanno impegnando attraverso una serie di iniziative che vanno dalla trasparenza dell’advertising di natura politica alla chiusura degli account falsi e alla demonetizzazione di chi attua queste pratiche.
Nel documento si legge che i sottoscrittori riconoscono le conclusioni della Commissione su quanto l’esposizione del pubblico alla disinformazione su larga scala costituisca un problema prioritario per l’Europa, ponendo l’accento sulla necessità di trovare il corretto e delicato equilibrio tra il bisogno di intervenire sulla circolazione delle informazioni e l’esigenza di tutelare la libertà d’espressione.
Strumenti e Best Practices
Lo si farà attuando una serie di Best Practices come l’adozione di un approccio “follow the money” per evitare che i proventi dell’advertising finiscano nelle casse di chi piega in modo ingannevole l’opinione pubblica ai suoi interessi, la creazione di strumenti in grado di identificare l’attività dei profili non autentici e l’impiego di whitelist o blacklist.
Le piattaforme online, i social e i big dell’advertising in Rete si trovano dunque nella posizione di dover porre freno alla diffusione di informazioni false o fuorvianti, anche (e non solo) attraverso iniziative che favoriscono la consultazione di contenuti non mistificati provenienti da fonti autorevoli e rilevanti. Ma chi si occuperà di stabilire se Tizio merita più di Caio il click dell’utente, la condivisione di un articolo o la comparsa di un banner sulle bacheche? Ecco il nodo cruciale della questione, che qualcuno ha provato a sciogliere passando la palla al fact checking, lasciando che ad occuparsene siano realtà indipendenti e in qualche modo deresponsabilizzandosi.
Qualche perplessità
L’adozione del Codice di Condotta diverrà operativa a partire dal mese prossimo, ma la sua efficacia è tutta da dimostrare. In primis perché include indicazioni di massima e non linee guida precise da seguire, poi per il suo far appello alla definizione di policy più severe con riferimento al solo territorio continentale e non applicabili su scala globale. Sono questi i motivi che hanno spinto associazioni come ATC (Association of Commercial Television in Europe), EBU (European Broadcasting Union), EFJ (European Federation of Journalists) e IFCN (International Fact-Checking Network) a esprimere le proprie perplessità in merito.
I sottoscrittori del documento si riuniranno su base annuale per discutere degli eventuali progressi registrati e per il perfezionamento delle strategie da mettere in campo, mentre la Commissione si riserva il diritto di convocarli e di chiedere loro dati in base alle specifiche esigenze. Un primo incontro è fissato per le prossime settimane.
Se da un lato va riconosciuto come l’istituzione stia manifestando la volontà di fronteggiare un problema per tanto (troppo) tempo forse sottovalutato, anche attraverso una collaborazione attiva da parte di chi è protagonista del mondo online, dall’altro sono da considerare legittime le perplessità sollevate da coloro che ritengono serva un approccio più diretto, coordinato e longevo per scongiurare i pericoli legati al fenomeno della disinformazione.