A due mesi e mezzo dall’ufficializzazione dell’ammenda da 1,49 miliardi di euro inflitta dalla Commissione Europea a Google per abuso di posizione dominante nel territorio dell’advertising, il gruppo di Mountain View ha fatto ricorso in appello contro la decisione di Bruxelles. La documentazione è stata depositata presso il Tribunale dell’Unione Europea.
Google-EU: appello sul caso AdSense
Il caso fa riferimento alle pratiche attuate dal 2006 al 2016 per quanto concerne il circuito AdSense, più precisamente ai termini di contratto imposti ai gestori dei siti che hanno scelto di ospitare le inserzioni pubblicitarie sulle proprie pagine. Dinamiche ritenute lesive per i concorrenti e modificate da Google in seguito alla comunicazione degli addebiti da parte dell’organismo continentale.
La conferma del ricorso in appello è stata affidata da un portavoce di bigG alla redazione del Telegraph, senza però aggiungere alcun dettaglio. Un suo collega della Commissione Europea si è invece limitato a ribadire che l’istituzione rimane ferma sulla propria posizione.
La Commissione difenderà la propria decisione di fronte alla Corte.
La sanzione a cui si fa riferimento è la terza stabilita da Margrethe Vestager nei confronti del gruppo di Mountain View nel corso del suo mandato in qualità di Commissario Europeo per la Concorrenza, dopo quella da 4,34 miliardi di euro del luglio scorso per Android e quella da 2,42 miliardi di euro del giugno 2017 relativa a Shopping. Anche per questi due casi è stato fatto ricorso in appello: nell’ottobre scorso per quanto riguarda la pratica legata al sistema operativo mobile e nel settembre di due anni fa per il servizio di comparazione prezzi.
Questo un estratto dalla dichiarazione attribuita a Vestager subito dopo l’ufficializzazione della multa, in marzo.
Oggi la Commissione ha inflitto a Google un’ammenda pari a 1,49 miliardi di euro per abuso della propria posizione dominante sul mercato dell’intermediazione pubblicitaria nei motori di ricerca. Google ha consolidato la propria posizione dominante nella pubblicità collegata alle ricerche online, mettendosi al riparo dalla pressione della concorrenza con l’imposizione di restrizioni contrattuali anticoncorrenziali ai siti Web di terzi.
In chiusura la replica di Google, giunta di lì a poco. Con tutta probabilità su questa dichiarazione d’intenti si basa anche il ricorso in appello.
Siamo sempre stati d’accordo sul fatto che mercati sani e prosperi siano nell’interesse di tutti. Abbiamo già introdotto una serie di cambiamenti ai nostri prodotti per rispondere alle preoccupazioni della Commissione; nei prossimi mesi, introdurremo ulteriori aggiornamenti per incrementare la visibilità dei nostri concorrenti in Europa.