EULA, questioni di responsabilità

EULA, questioni di responsabilità

L'Alta Corte britannica nega ad una software house di declinare ogni responsabilità in caso di mal funzionamento del proprio prodotto. Quando le clausole non bastano
L'Alta Corte britannica nega ad una software house di declinare ogni responsabilità in caso di mal funzionamento del proprio prodotto. Quando le clausole non bastano

Una sentenza britannica riapre il dibattito sulla responsabilità dello sviluppatore sui difetti di un software.

La software house Red Sky aveva fornito un programma di gestione alberghiera al Kingsway Hall Hotel di Londra, software che fin da subito aveva causato problemi costringendo la direzione a sostituirlo: i conseguenti costi aggiuntivi (nuovo software e personale extra per sanare i problemi causati) sono quindi stati chiesti in risarcimento dall’albergo. Red Sky ha provato ad appellarsi alle clausole del contratto che specificatamente escludevano qualsiasi tipo di responsabilità in caso di malfunzionamento, ma il giudice ha riconosciuto i danni all’hotel.

Nella sentenza si legge che una società che si occupa di software non possa declinare ogni responsabilità su un prodotto nel caso in cui l’acquisto da parte del consumatore sia avvenuto solo sulla base delle informazioni/assunzioni fornite dal produttore . La mancanza da parte dell’acquirente di una previa conoscenza effettiva del prodotto che va ad acquistare non permetterebbe, cioè, al produttore di limitarne la responsabilità.

Pur non andando a decidere specificatamente del rapporto tra clausole vessatorie (clausole che nella disciplina italiana gravano eccessivamente su una delle due parti e necessitano un ulteriore sottoscrizione – un doppio click, una firma aggiuntiva – per sancirne l’effettiva comprensione) e conoscenze dell’utente che accetta un contratto di licenza, ma affrontando più che altro la materia dell’informazione contrattuale, la sentenza solca una traccia netta su cosa può essere previsto e cosa no in un contratto standard. Quale protezione ha il compratore da difetti del prodotto software? E che confine può mettersi alle limitazioni di garanzie imposte con le clausole di un contratto?

In teoria, a leggere qualsiasi licenza software, l’utente sembra non avere nessuna garanzia : il prodotto viene venduto così com’è e in caso di difetti (bug, d’altronde, sono più o meno inevitabili) il fabbricante non se ne fa carico. I contratti standard che si sottoscrivono, per esempio, con l’acquisto di una licenza di Windows hanno clausole specifiche intitolate “Nessuna garanzia”, dal momento che il software è venduto così com’è, compreso di eventuali difetti. Lasciando l’intero rischio, ove presente, circa la qualità o l’utilità del prodotto, delle sue performance e del servizio d’assistenza all’utente.
Allo stesso modo non sorprenderà leggere nelle condizioni generali di utilizzo dell’iPhone di Apple che accettando la licenza di utilizzo implicitamente “riconoscete e accettate espressamente che l’uso del software iPhone e dei servizi avviene a vostro rischio e pericolo, accettandone altresì il rischio riguardante la qualità, le prestazioni, la precisione e l’impiego soddisfacenti”. I prodotti sono venduti “nello stato in cui si trovano e così come disponibili, con tutti i possibili errori e senza garanzie di sorta”.

Non sono però prerogative di Microsoft e Apple, citate solo per fare due esempi, ma in generale tutte le condizioni di licenza per prodotti software fanno riferimento per smarcarsi da eventuali responsabilità di difetti ai “limiti massimi consentiti dalla legge” in tema di non garanzie.

L’ultima sentenza sull’argomento dell’Alta Corte Britannica ha riacceso il dibattito su tali confini: se il giudice si è espresso più sull’interpretazione giuridica delle clausole vessatorie che sulla materia stessa del software difettoso e della responsabilità degli sviluppatori sui bug eventualmente riscontrati , l’interpretazione della Corte britannica, sembra comunque poter avere conseguenze nel mondo del software, in cui le modalità di vendita e di accettazione delle EULA assumono forme peculiari, come nel caso dell’accettazione per “spacchettamento della confezione”.

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il
26 mag 2010
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