L’Europa può dipendere dall’importazione di terre rare? L’Europa può ambire ad una piena autarchia in estrazione, raffinazione ed utilizzo di materiali tanto fondamentali per lo sviluppo di tecnologie come auto, smartphone, fibra ottica, semiconduttori, pannelli fotovoltaici e altro ancora? Il progetto EURARE si pone esattamente questo obiettivo: unire le forze, esprimere le competenze, mettere le conoscenze a fattor comune e consentire all’Unione Europea (in caso di necessità) di uscire a testa alta da situazioni di emergenza.
Le terre rare sono elementi estremamente scarsi (di qui il nome di REE – Rare Earth Elements) perché, sebbene siano relativamente distribuite in tutto il globo, l’estrazione è oggi affare di pochi. La Cina, in particolare, controlla oggi oltre il 90% del mercato di riferimento ed ha quindi buon gioco a gestire la parte alta di una catena produttiva che porta prodotti di largo consumo a livello internazionale. La necessaria cautela nei confronti di instabili equilibri geopolitici suggerisce pertanto all’occidente una forzata riflessione: cosa succederebbe se improvvisamente le forniture di terre rare dovessero venire meno? Il Giappone, messo alle strette da un incidente diplomatico con la Cina, ne è uscito grazie all’improvvisa scoperta di un grande giacimento di terre rare che ha spostato il problema avanti nel tempo. Per l’Europa invece l’attesa è terminata: occorre capire come gestire le terre rare affinché non diventino il collo di bottiglia di uno sviluppo tecnologico ed economico su cui l’occidente basa le proprie attività.
EURARE: terre rare e geopolitica
Scandio (Sc), Ittrio (Y), Lantanio (La), Cerio (Ce), Praseodimio (Pr), Neodimio (Nd), Pomezio (Pm), Samario (Sm), Europio (Eu), Gadolinio (Gd), Terbio (Tb), Disprosio (Sy), Olmio (Ho), Erbio (Er), Tulio (Tm), Itterbio (Yb), Lutezio (Lu): nomi spesso sconosciuti, ma del tutto fondamentali nella produzione di molti prodotti di uso comune. La loro scoperta risale all’800 ed è stata particolarmente complessa poiché la loro somiglianza con altri minerali ne ha resa difficile l’identificazione e oggi ne rende complessa la separazione. Ecco perché la ricerca può fare la differenza: l’attività estrattiva e l’industria metallurgica possono ancora dire la propria se l’Europa saprà focalizzare gli investimenti su questo fronte, creando le necessarie competenze e formando i giusti profili per poter costruire un mercato che in prospettiva può offrire grandi benefici di lungo periodo.
Una prima scappatoia la si è immaginata nella sostituzione di tali minerali con altri alternativi, cosa che però al momento non ha trovato rispondenza nelle filiere produttive; la seconda scappatoia è nel riuso, ma anche in questo senso si sono fatti ben pochi passi avanti: i minerali contenuti negli elettrodomestici finiscono molto facilmente in discarica e molto difficilmente in catene di recupero e riutilizzo; la terza scappatoia ad eventuali condizioni di allarme è quella più intelligente e pragmatica: monitorare le risorse esistenti sul continente, immaginare un business estrattivo efficiente e remunerativo e ottemperare così a eventuali improvvise carenze.
Il progetto EURARE è iniziato nel 2013 con finanziamento della Commissione Europea e con l’obiettivo di terminare la propria fase preliminare entro il primo quinquennio. A distanza di 5 anni la presenza di terre rare in Europa è stata tracciata ed inserita all’interno del database pubblico Integrated Knowledge Management System (IKMS): queste 156 zone – tre delle quali in Italia: Olmedo, Nettuno e San Giovanni Rotondo -, e la loro conoscenza condivisa, debbono rappresentare la base per una futura economia delle terre rare di origine continentale. Questo l’obiettivo primario del progetto: gettare le basi per lo sviluppo di una industria delle terre rare in Europa che garantisca una fornitura senza interruzioni di materiale e prodotti cruciali per l’economia europea in un modo economicamente vantaggioso ed ecologicamente sostenibile.
Il progetto EURARE intende ora stimolare le ricerche che dovranno portare a tecnologie di estrazione e trattamento più efficienti rispetto agli standard attuali, così che l’estrazione delle terre rare non solo possa essere possibile, ma anche economicamente profittevole. Solo così tale attività potrà essere sostenibile: sarà l’innovazione tecnologica a fare la differenza ed i risultati di lungo periodo potrebbero essere determinanti. In ballo vi sono infatti le materie prime alla base di mercati assolutamente cruciali e per i quali si intende evitare di dipendere da equilibri geopolitici sui quali non sempre si può avere pieno controllo.