Secondo uno studio condotto da Gigaom Research per la Commissione Europea, il mercato delle app in Europa entro il 2018 darà lavoro a 4,8 milioni di persone , contribuendo con 63 miliardi di euro all’economia.
Questo spinge il Vecchio Continente a puntare forte su questo settore per cercare di porre un freno all’emorragia dell’occupazione giovanile: è un dato di fatto che spesso questo tipo di lavori di sviluppo riguardino le nuove generazioni e la stessa Neelie Kroes, commissario con responsabilità sull’Agenda Digitale, ha riferito che “questi numeri mi danno speranza rispetto alla crescita della disoccupazione delle nuove generazioni”.
Di strada da fare ce n’è parecchia: al momento – sempre secondo la stessa ricerca – il settore delle app impiega un milione e 800mila tra sviluppatori e non (amministrazione e marketing), e nell’ultimo anno ha generato un valore di mercato pari a 6,1 miliardi . Per l’Italia , poi, il discorso è ancora più magro: nessuna delle sue aziende ha applicazioni tra le prime 50 al di fuori del proprio mercato.
Certo le istituzioni devono fare la propria parte per sfruttare al meglio le opportunità che questo trend aprirà: secondo John Higgins, direttore generale dell’associazione di settore Digital Europe , “l’Europa ha bisogno di fare di più, a partire dalla preparazione al mondo del lavoro dei giovani”. Anche per questo starebbe collaborando con la Commissione per sviluppare programmi di istruzione, addestramento ed inserimento in campo IT .
Non mancano, d’altronde, anche i colli di bottiglia del mercato: difficili capire se si riuscirà ad invertire la tendenza che vede i consumatori osteggiare le app a pagamento e spingere solo ed esclusivamente sul modello dell’advertising. Un modello che non è detto sia sostenibile e che al momento vede una minima percentuale delle startup riuscire ad avere successo.
Inoltre, sembra che il mercato stia andando sempre più verso la presenza di pochi grandi operatori: da ultimo, per esempio, l’app di messaggistica mobile Viber è stata acquisita dalla giapponese Rakuten in un’operazione costata 900 milioni di dollari.
Claudio Tamburrino