La tanto discussa proposta per la definizione di una normativa in grado di combattere il fenomeno del terrorismo online a livello continentale è passata al vaglio del Parlamento Europeo, con una votazione che ha chiuso la prima lettura: 308 favorevoli, 204 contrari e 70 astensioni. Toccherà poi a coloro che verranno eletti il mese prossimo negoziarne la forma definitiva con il Consiglio dei Ministri.
Europa e terrorismo online
Quella votata con esito positivo è una legge che pur mirando a una responsabilizzazione delle piattaforme non impone loro modalità tanto stringenti e severe come ipotizzato in un primo momento. Rimane l’indicazione di rimuovere i contenuti entro un’ora dalla segnalazione dell’autorità competente, ma in caso di mancata esecuzione dell’ordine non si incorrerà immediatamente in sanzioni. Solo coloro che “sistematicamente e persistentemente” non rispetteranno la legge rischieranno di dover staccare un assegno dall’ammontare fino al 4% del fatturato globale.
Il riferimento è a qualsiasi contenuto di natura testuale, grafica, audio o video che “inciti, incoraggi o appoggi la commissione di reati di terrorismo, impartendo istruzioni finalizzate alla commissione di tali reati o promuovendo la partecipazione nelle attività di un gruppo terroristico”. Nel mirino anche quelli che offrono informazioni su come fabbricare o utilizzare esplosivi, armi da fuoco o altri oggetti atti ad offendere per fini terroristici. È bene sottolineare come il testo specifichi “per fini terroristici”, poiché quelli diffusi con scopi educativi, giornalistici o di ricerca, secondo i deputati, dovrebbero essere tutelati. Queste le parole del relatore britannico Daniel Dalton.
C’è chiaramente un problema, da troppo tempo, sulla circolazione incontrollata di materiale terroristico su Internet. Questa propaganda può essere collegata a veri e propri attentati terroristici e le autorità nazionali devono essere in grado di agire con decisione. Qualsiasi nuova legislazione deve essere pratica e proporzionata se vogliamo salvaguardare la libertà di parola.
In cerca di un equilibrio
Si è dunque cercato di trovare un equilibrio tra l’esigenza di intervenire per arginare il problema (anche in conseguenza a quanto avvenuto di recente, ad esempio, con la strage in Nuova Zelanda) e la necessità di tutelare la libertà di parola e di stampa. Prosegue Dalton.
Senza un processo equo, c’è il rischio che troppi contenuti verrebbero eliminati, in quanto le imprese adotterebbero comprensibilmente un approccio di “sicurezza prima di tutto” per difendersi. Ciò non può inoltre assolutamente condurre a un controllo generale dei contenuti dalla porta di servizio.
Via dal testo l’obbligo di monitoraggio continuo per le piattaforme, così come l’imposizione di adottare filtri in grado di controllare in tempo reale i contenuti caricati dagli utenti. Cancellato dunque quello che può essere definito una sorta di upload filter come auspicato, tra gli altri, dalla europarlamentare Julia Reda del Partito Pirata.
Piattaforme grandi e piccole
Se grandi realtà come Facebook o YouTube dovranno intervenire entro un’ora dalla segnalazione (pur senza incorrere immediatamente in sanzioni nel caso di mancata conformità), le piattaforme più piccole potranno beneficiare di un trattamento differente: le autorità le dovranno contattare almeno dodici ore prima di emettere l’ordine di rimozione, fornendo loro le informazioni su procedure e scadenze se interpellate per la prima volta.
A quelle che accumuleranno un numero considerevole di richieste potranno essere imposte misure specifiche supplementari come l’obbligo di condividere a cadenza regolare comunicazioni sul tema con le autorità oppure di integrare nella propria forza lavoro nuovo personale da destinare a questo tipo di operazioni.