L’Unione Europea vorrebbe ma non può, almeno per il momento. Il progetto di ampliare il numero delle frequenze da mettere a disposizione delle reti mobili di terza generazione, riferisce un funzionario UE, si scontra con l’indisponibilità di alcuni “spettri” che rivestirebbero fondamentale importanza per dare copertura alle aree rurali.
Gli operatori mobili, come riporta Reuters , sono sempre alla ricerca di nuove possibilità per allargare il raggio d’azione delle proprie reti 3G, dal momento che le frequenze rimaste disponibili non sono poi molte. La preferenza dei gestori va alle gamme più basse, come i 900 MHz, con cui il segnale può coprire lunghe distanze e “attraversare” più agevolmente costruzioni ed edifici. E ciò comporta la minore necessità di costruire stazioni radio per coprire aree a scarsa densità demografica e la possibilità di migliorare la qualità dei servizi nelle città, cuore del business.
Sarebbe però positivo, secondo gli analisti di Morgan Stanley, il riutilizzo in chiave 3G dei 900 MHz, per il potenziale offerto proprio nelle campagne e nelle zone dall’orografia difficile.
La UE è invece orientata ai 2,5 GHz: “stiamo discutendo con gli Stati membri per l’introduzione di una maggiore flessibilità nel 3G e l’espansione verso i 2,5 (GHz), e forse anche i 900 MHz possono essere un’opportunità” ha riferito Fabio Colasanti, Direttore Generale per Information Society and Media dell’Unione Europea. In alcuni Paesi come la Finlandia gli operatori sono già in grado di operare sui 900 MHz per i network 3G, ma come ha specificato Colasanti, l’Unione vuole muoversi con i piedi di piombo in questo campo, per non incorrere nel rischio di distorcere il mercato in quei Paesi in cui la frequenza è già utilizzata da network 2G.