Roma – In Europa “milioni di email personali, di informazioni internet, di registrazioni telefoniche saranno accessibili alla polizia e ai servizi di intelligence”. Inizia così un articolo pubblicato dal TheObserver, giornale britannico che afferma di essere entrato in possesso di informazioni classificate provenienti dal braccio di intelligence dell’Unione Europea, Europol.
Stando ad una bozza di un progetto messo a punto da Europol , le forze di sicurezza della UE vogliono far sì che gli operatori telefonici e quelli internet raccolgano quante più informazioni possibili sulle attività dei singoli cittadini europei, comprese le navigazioni internet, l’utilizzo delle chat, i messaggini, le chiamate via telefono cellulare e via dicendo.
Il cuore di questo progetto (“Expert Meeting on Cyber Crime: Data Retention”) sarebbe il varo di un “codice unico” valido per tutti i paesi membri e relativo alla conservazione dei dati (data rentention), in modo tale che le forze di sicurezza si troverebbero ovunque ad agire secondo i medesimi standard e garantendo i medesimi “risultati”.
Tutto questo viene inevitabilmente associato alla recente decisione dell’Europarlamento con cui si dà il via libero ad una data rentention senza forti limitazioni e ai nuovi progetti britannici. In Gran Bretagna, infatti, entro l’anno entrerà in vigore una normativa che concede alla polizia nuovi e più importanti poteri di accesso ai dati personali dei cittadini. Va comunque detto che in quel paese da anni la riservatezza è stata messa da parte a favore di quello che viene percepito come necessario controllo (vedi anche Londra dà la luce a Piccolo Fratello ).
Anche per questo, a sentire quanto affermato da Ian Brown, direttore della Fondazione per la ricerca sulla policy dell’informazione, non sorprende che “la Gran Bretagna sembra aver premuto sugli altri stati membri per creare questo tipo di normativa. Nel 99 per cento dei casi sarà usata in modo corretto ma vogliamo parlare del rimamente uno per cento? Non si parla abbastanza di quanto sta accadendo”. Secondo Brown “è interessante che un cambiamento significativo nel controllo delle informazioni personali sia effettuato segretamente”.
TheObserver afferma che di questa bozza si è parlato inizialmente lo scorso aprile durante un incontro tra rappresentanti delle polizie e dei servizi di sicurezza europei che si è tenuto a L’Aia, in Olanda.
Nel documento si parla di dieci settori nei quali le imprese dovranno essere chiamate a lavorare trattenendo informazioni che siano considerate utili nella lotta contro il terrorismo internazionale e la criminalità organizzata. In questo senso, afferma la proposta, le imprese che gestiscono siti internet dovranno conservare le password utilizzate dai loro visitatori, registrare i siti visitati e i dettagli sulle pagine web viste dai propri utenti nonché qualsiasi dato sulle transazioni effettuate per eventuali abbonamenti online.
Stando al testo del documento, che sta naturalmente ponendo in agitazione tutti i sostenitori delle libertà digitali e della privacy, le email dovranno essere conservate e in particolare tutte le informazioni sui suoi contenuti, su chi ha mandato il messaggio, sul destinatario e sul quando l’email è stata inviata.
Il giornale britannico sostiene che Londra sta lavorando per portare l’obbligo di conservazione di questo genere di dati a cinque anni mentre fino a questo momento i log, che pure non contengono tutte quelle informazioni, vengono mantenuti solo per pochi mesi a scopo di fatturazione. D’altra parte da tempo la Divisione nazionale sul crimine informatico britannico ha chiesto che si vada in questa direzione per contrastare il cybercrime.
Nel documento citato da TheObserver, inoltre, si legge: “abbiamo bisogno di codificare come tutto questo viene portato avanti in modo tale che tutti i paesi in Europa se la vedano con lo stesso genere di regolamenti”. “Internet – afferma il documento – non tiene conto dei confini nazionali e le imprese internazionali non hanno bisogno del caos che deriverebbe dal dover gestire regole diverse in paesi diversi”.
Al centro delle intercettazioni, dunque, anche i telefoni, sia fissi che mobili. I numeri chiamati, gli orari delle telefonate e altri dettagli, come indirizzo, data di nascita e informazioni bancarie di chi ha pagato la chiamata saranno conservati.
A quanto pare nel progetto si parla anche della possibilità di utilizzare la telefonia mobile come strumento per individuare geograficamente di chi utilizza il cellulare.