Passa oggi dalla Commissione LIBE del Parlamento Europeo la tanto chiacchierata proposta relativa all’obbligo di cancellazione entro un’ora, imposto alle piattaforme, dei contenuti di matrice terroristica. Nel caso di mancato adempimento, i gestori rischierebbero di incappare in sanzioni dall’ammontare fino al 4% dei loro utili generati a livello globale, per ogni infrazione.
Lotta al terrorismo? Sì, ma con cognizione
Sebbene tutti siano concordi nel definire il fine nobile e pienamente condivisibile, in molti non ritengono giustificabile il mezzo. Tra coloro che si sono schierati apertamente contro la proposta c’è Julia Reda, europarlamentare del Partito Pirata, che intervenendo sulla questione ha portato alla luce le problematiche legate all’introduzione di una misura tanto severa ed esigente in termini di risorse.
Una su tutte, finirebbe col penalizzare le piattaforme più piccole e i potenziali nuovi player del mercato, poiché non in grado di far fronte all’esigenza di monitorare costantemente la natura dei contenuti condivisi dai loro utenti o di intervenire in soli 60 minuti per raccogliere e analizzare le eventuali segnalazioni, prendendo poi una decisione sul da farsi. Ne sarebbero colpiti non solo i social network e i servizi di hosting, ma anche i blog, i siti personali e qualunque pagina contenga un modulo per la pubblicazione di un commento o di un link.
On Monday at 4:30, @EP_Justice will vote on the terrorism regulation #TERREG. While the compromises include many improvements, most notably the deletion of mandatory #uploadfilter, one huge problem remains: hosts must delete terrorist content within 1 hour https://t.co/1Lia7aXv6z
— Felix Reda (@Senficon) April 4, 2019
Insomma, se per Facebook, YouTube e Twitter la possibilità di far fronte a un tale obbligo non è da escludere, per le realtà che non dispongono di altrettante risorse la situazione si complicherebbe. Si andrebbe a penalizzare l’ingresso sul mercato di nuovi concorrenti, che di fronte alla prospettiva di pesanti sanzioni potrebbero scegliere di gettare la spugna e delegare la gestione dei contenuti ai big citati poc’anzi.
La situazione è legata a doppio filo al tanto discusso Upload Filter, l’articolo 13 della Riforma Copyright appena approvata, con il quale condivide principi e dinamiche. La votazione è attesa in queste ore da parte del Comitato LIBE che si occupa di libertà civili, giustizia e affari interni, poi se ne riparlerà eventualmente nelle prossime settimane con il Parlamento riunito in seduta plenaria.
Il rischio, secondo Reda, è che in conseguenza a quanto accaduto il mese scorso in Nuova Zelanda si arrivi a votare in tutta fretta, senza valutare in modo adeguato le potenziali ripercussioni negative della misura. Insomma, il problema esiste e va affrontato, ma in questo modo la toppa potrebbe essere più grande del buco.