Facebook non intende prestare il fianco alle polemiche né è disposta a rendersi responsabile della violazioni delle leggi che tutelano i cittadini statunitensi dalle discriminazioni: ha agito sulle proprie policy e sugli strumenti di controllo dell’advertising, per scongiurare la possibilità che gli inserzionisti declinino la propria pubblicità e i propri annunci di lavoro in senso razzista, sessista o in generale discriminatorio.
Facebook ha da tempo messo a disposizione un sistema di profilazione per l’advertising basato sulle cosiddette affinità etniche , ora definite affinità multiculturali , così che gli inserzionisti possano indirizzare i propri contenuti a segmenti di utenti con interessi in comune, interessi che spesso si fondano sull’appartenenza a certi gruppi etnici. Questo sistema di profilazione, a partire da una inchiesta di ProPublica , ha di recente sollevato polemiche: applicato ad offerte immobiliari o d’impiego, rischia di violare la legge statunitense che tutela dalle discriminazioni, il Fair Housing Act del 1968, così come denunciato da un gruppo di cittadini, supportati dai relativi avvocati.
Il social network ha ora dato seguito alle promesse formulate nei mesi scorsi per dimostrare il proprio impegno, recependo le “preoccupazioni che la pubblicità discriminatoria possa ingiustamente privare le persone di opportunità ed esperienze, soprattutto nell’ambito immobiliare, del lavoro e delle offerte di credito, settori in cui certi gruppi hanno storicamente sofferto di discriminazioni”.
Lavorando con associazioni e attivisti di settore Facebook ha agito in primo luogo sulla prevenzione, con un aggiornamento delle proprie policy . Ora il social network raccomanda esplicitamente che “Le inserzioni non devono discriminare o incoraggiare la discriminazione delle persone in base a caratteristiche personali come razza, etnia, colore, nazionalità, religione, età, genere, orientamento sessuale, identità di genere, stato familiare, disabilità, patologia o malattia genetica”. Il quadro di riferimento legale è quello statunitense, e si specifica che “Sono incluse le leggi che proibiscono la discriminazione di gruppi di persone in relazione, tra le altre cose, a offerte di alloggi, lavoro e credito”. Facebook fornisce altresì agli inserzionisti dei riferimenti, istituzionali e non, per incoraggiarli a dispiegare campagne pubblicitarie nel rispetto di tutti.
Sul fronte della repressione, Menlo Park ha messo in campo degli strumenti ad hoc: oltre a non consentire l’impiego del sistema di affinità etniche per proporre a categorie ristrette offerte di lavoro, di credito e immobiliari, Facebook sta adottando delle tecnologie basate sul machine learning per identificare gli annunci pubblicitari di questo tipo. Il social network non entra nei dettagli di questo sistema, ma riferisce che lo scopo è quello di “segnalare agli inserzionisti la violazione e fornire loro informazioni per sensibilizzarli a riguardo”. Per scrollarsi di dosso ogni responsabilità rispetto ad eventuali abusi, inoltre, Facebook richiede agli inserzionisti che trattino advertising che rientra nelle categorie coperte dal Fair Housing Act di autocertificare la propria aderenza alle policy e alla legge.
“Crediamo nelle potenzialità che il nostro sistema di advertising ha nel creare opportunità a favore di persone di ogni appartenenza”, spiega Facebook. ACLU, fra le associazioni che hanno affiancato il social network nel far evolvere la propria piattaforma pubblicitaria, accoglie con favore le misure adottate e auspica che tutte le piattaforme di advertising prendano esempio.
Gaia Bottà