La battaglia è tesa, perché in ballo ci sono miliardi di dollari ed equilibri di lungo periodo che possono valere moltissimo in un senso o nell’altro: è questo il motivo che sta generando gravi frizioni tra Apple e tutti gli altri gruppi interessati ad addentare il mercato dell’App Store. Dapprima Spotify e Fortnite, quindi Microsoft, in seguito Telegram, ma l’elenco è destinato ad allungarsi non di poco.
Ora tocca a Facebook: sono solo scaramucce, ma il clima traspare in tutta la sua pesantezza.
Ricordiamolo: in ballo ci sono 519 miliardi di dollari: a tanto giunge la stima sul valore complessivo del mercato smosso dal marketplace di Cupertino. Non è certo un caso se tanta tensione si stia accumulando attorno alle sue policy, con Apple che gioca le proprie carte passando per iOS 14 e nuove regole nella gestione dell’advertising sulle app.
Facebook vs App Store
Quel che Facebook ha voluto mettere in evidenza, quindi, è che il 30% dei servizi venduti attraverso le app distribuite sul marketplace vada ad Apple invece che al destinatario finale (come l’utente potrebbe immaginare). Questa piccola aggiunta informativa sulla propria app, però, è stata respinta da Apple: giudicata come “ininfluente”, la modifica è stata stralciata poiché non sarebbe confacente ai regolamenti dello store. Facebook, probabilmente, non aspettava altro: immediatamente è scattata la comunicazione ai media in cui si sottolinea come Apple non faccia gli interessi delle aziende impegnate sullo store, trattenendo per sé il 30% del mercato ivi veicolato e sottraendo così importanti risorse dai ricavi dei partner.
Facebook spiega di aver voluto portare sull’app un’informazione importante in tutta trasparenza; Apple ha colto l’ironia, ma non ci ha trovato nulla da ridere. Buffetti reciproci, insomma, con Facebook che tenta di porre in risalto la questione dell’App Store Tax e Apple che tenta di derubricare il tutto senza lasciar spazio a fraintendimenti.
Con ogni probabilità sulla questione dovrà presto o tardi pronunciarsi l’antitrust: non c’è altra sede per una concertazione possibile, perché in ballo c’è la definizione del confine entro cui Apple può demandare a sé il 30% degli introiti costruiti grazie al proprio marketplace. Il che è tutto fuorché scontato.