Il Patent and Trademark Office statunitense ha concesso a Facebook il brevetto numero 7,669,123 riguardante la “fornitura dinamica di un feed di notizie riguardo un utente in un social network”. Le implicazioni del brevetto, dicono i più, sono vastissime e molti potrebbero cominciare a tremare.
Il brevetto parla di visualizzazione del succitato feed inclusa la generazione delle notizie e stati inerenti le “attività associate a un utente” di una rete di relazioni. Gli alti papaveri di Facebook, incluso il founder Mark Zuckerberg, sono tutti indicati come beneficiari della concessione di brevetto dopo quattro anni dalla presentazione della richiesta originale.
Nel 2006 il web era molto diverso: gli update personali, così come i social network, non rivestivano la stessa importanza (economica, sociale, infrastrutturale) di adesso e Twitter, che in sostanza è un gigantesco aggregatore di feed di aggiornamenti di stato, non aveva ancora emesso il suo primo cinguettio. E proprio Twitter, fra la sterminata quantità di servizi basati su feed oggi esistenti, viene indicato come uno dei soggetti che più avrebbe da temere dal nuovo brevetto assegnato a Facebook.
Una volta che una azienda come Facebook ha ottenuto la riconosciuta paternità dei feed, le speculazioni sui possibili scenari futuri diventano un esercizio di speculazione estremamente popolare: il social network potrebbe decidere di usare il brevetto come un maglio sui concorrenti (Google, Twitter e non solo), o peggio ancora danneggiare i nuovi protagonisti del settore prima ancora che raggiungano dimensioni tali da far ipotizzare una possibile concorrenza a i business già sviluppati.
Dal canto suo Facebook glissa sulle preoccupazioni e dice di sentirsi “umile di fronte alla crescita e all’adozione dei feed di news nel corso del tempo e soddisfatta di aver ottenuto il brevetto”. Chi invece sulla presunta umiltà di una megacorporazione che monetizza i dati degli utenti è pronto a non scommetterci un nichelino è Dave Winer , pioniere negli standard del management dei contenuti (XML-RPC, RSS, OPML ma anche MetaWeblog e podcast) le cui parole vogliono essere un monito preventivo per chi ripone troppa fiducia nelle azioni di Facebook & company.
“Le aziende tecnologiche non sono né meglio né peggio delle altre industrie”, scrive Winer. Aziende come Facebook, Google, IBM tendono a trattare gli utenti esattamente come le compagnie di volo, le agenzie assicurative, gli ospedali (statunitensi). “Presto o tardi ci sarà una massiccia perdita di carburante o una massiccia falla di sicurezza estesa a tutta la rete – continua Winer – Aspettatevi che queste aziende siano tanto pessime quanto lo sono le altre industrie. Probabilmente saranno anche peggio perché sono arrivate a questo punto senza troppa sorveglianza o controllo”.
Alfonso Maruccia