Cosa succede quando un contenuto su Facebook viene segnalato dagli utenti ai responsabili del gigantesco sito in blu? Quando un post – o una fotografia – viene denunciato come inappropriato da oltre 900 milioni di utenti? In primis, una certezza: il lavoro nelle sedi di Menlo Park, Dublino, Austin e Hyderabad (India) diventa sempre più gravoso, sulle spalle di centinaia di dipendenti attivi 24 ore su 24.
Nel classico percorso di trasparenza, il sito di Mark Zuckerberg ha ora pubblicato un post per spiegare l’intero procedimento che dalla segnalazione in un click da parte degli utenti arriva alla eventuale rimozione di un contenuto inappropriato . Un passaggio che, in genere, non arriva a sforare le 72 ore dalla richiesta d’intervento ai tecnici del social network da quasi 1 miliardo di amici.
Le squadre predisposte da Facebook sono quattro , ognuna con un raggio d’azione ben delineato. Quella che si occupa di pornografia e spam. Poi c’è il team della sicurezza, che si concentra su episodi di vandalismo, violenza grafica, stupefacenti, minacce ritenute credibili. Terza squadra, quella dedicata alle molestie e all’incitamento all’odio. Infine l’ Access Team , la squadra che si occupa di hacker, cracker e account fasulli.
Le quattro divisioni in blu devono accertarsi che che i contenuti segnalati siano in effettiva violazione delle policy interne, ma anche dello Statement of Rights and Responsibilities o degli standard adottati dalla comunità social . Il Support Team di Facebook deve così avvisare i singoli soggetti, che possono rivolgersi ad una seconda squadra di tecnici per presentare eventuale ricorso.
Questo per quanto concerne quelle violazioni delle policy o comunque delle condizioni d’uso del sito. Può però capitare che i contenuti in blu siano in contrasto con la legge. In tal caso, la squadra di supporto di Facebook andrà a condividere le informazioni utili per la prevenzione di crimini con i vari dipartimenti di polizia . O consegnando i dati personali di un determinato account su specifico ordine firmato da un giudice.
Mauro Vecchio