Il procuratore generale statunitense Bill Barr, insieme a rappresentanti delle istituzioni di Regno Unito e Australia, inoltrerà a breve una lettera aperta a Mark Zuckerberg chiedendo che Facebook rinvii i piani per l’introduzione della crittografia end-to-end (già presente in WhatsApp) in tutti i propri servizi di messaggistica. Una bozza della missiva è trapelata oggi sulle pagine del sito BuzzFeed News.
Facebook e la crittografia end-to-end
Della questione abbiamo già scritto nei giorni scorsi: un accordo che sta per essere siglato tra USA e UK potrebbe consentire alle autorità dei due paesi di chiedere a chi gestisce piattaforme e applicazioni l’accesso alle chat degli utenti per finalità legate allo svolgimento di indagini riguardanti, ad esempio, reati riconducibili a terrorismo o pedofilia. La pubblica sicurezza anteposta alla privacy, dunque.
I miglioramenti alla sicurezza del mondo virtuale non dovrebbero renderci più vulnerabili in quello reale. Le aziende non dovrebbero deliberatamente progettare i loro sistemi in modo da precludere ogni accesso ai contenuti, anche impedendo la prevenzione e le indagini a proposito dei crimini più seri.
La società di Zuckerberg, dal canto suo, si oppone in modo fermo all’ipotesi di introdurre una sorta di backdoor attraverso la quale le autorità possano spiare le chat. Il gruppo è impegnato in un percorso che mira a incrementare il livello di privacy offerto ai membri della sua community, anche per riguadagnare la loro fiducia, almeno parzialmente compromessa in conseguenza ai tanti problemi sorti nel corso dell’ultimo anno e mezzo, dall’esplosione dello scandalo Cambridge Analytica in poi.
Nei mesi scorsi si è parlato anche del cosiddetto Ghost Protocol, una modalità attraverso la quale all’occorrenza i servizi sarebbero obbligati ad aggiungere a una conversazione un soggetto fantasma, silente e del tutto invisibile agli altri, in grado dunque di leggere i messaggi scambiati tra i partecipanti. Una proposta sonoramente bocciata da ogni parte.