Facebook, che fino ad oggi ha voluto strenuamente restare fuori da ogni contrapposizione politica – cercando di tirarsi fuori da qualsivoglia commento sul tema per candidarsi a ruolo di spettatore disinteressato nella platea del dibattito politico – ha dato una propria interessante opinione sul tema delle destre negli Stati Uniti. In realtà Facebook non ha espresso un’opinione politica tale da schierare il gruppo su un fronte invece che sull’altro, ma il team di Mark Zuckerberg ha voluto in qualche modo rispondere alle critiche provenienti dai democratici e relative al maggiore presenzialismo dei venti di destra sul social network. Qual è la risposta di Facebook? C’è più destra perché, per forza di cose, non può che essere così.
Secondo quanto svelato ai microfoni di Politico, Facebook ritiene che non ci sia nulla di connaturato agli algoritmi del social network. Al tempo stesso è innegabile il fatto che i messaggi della destra riescano ad ottenere maggior engagement, ma questo sarebbe legato al fatto che “la destra sa connettere meglio le persone ad un livello viscerale“.
La destra stimola impulsi ancestrali?
Merito del populismo di destra, insomma, ed alle sue “emozioni primitive, incredibilmente forti“. Nazionalismi e protezionismo, insomma, andrebbero a stuzzicare istinti primordiali che, agendo ad un livello più profondo e per certi versi inconscio, sanno legare le persone con maggior forza, portandole ad interagire tra di loro (creando così vere e proprie echo chamber di destra) e nutrendole inoltre con tematiche ed empatia in grado di agire toccando le persone in modo più profondo ed efficace.
Facebook, insomma, respinge le accuse dei democratici e torna a candidarsi al ruolo di spettatore disinteressato nella platea del dibattito politico. Non basterà, probabilmente, perché questo punto di vista si apre a giudizi sulla bontà (o meno) di quel “social dilemma” di cui con sempre maggior intensità si discute in questi anni. Insomma: capacità della destra nel toccare le giuste corde per attirare consenso, oppure incapacità dei social network nel tenersi lontani dalle derive dei populismi? Si può immaginare un giudizio di merito politico per una azienda che per sua natura persegue semplicemente il successo economico e non certo responsabilizzazioni sociali?
E come ribaltare il discorso sui populismi italiani, sulle derive populistiche che tutte le fazioni politiche hanno (con maggiore o minore intensità, con maggiore o minore capacità, con maggiore o minore successo) tentato? Facebook per certi versi ha ammesso che le sue stesse dinamiche stimolano (con esiti premianti) un certo tipo di dibattito politico: se doveva essere un modo per svincolarsi da responsabilità, probabilmente questa chiave di letture sortirà invece effetto contrario. E mai come nei prossimi mesi il social network sarà al centro del dibattito che porterà alle elezioni presidenziali USA.