I vertici di Facebook sono ormai stufi delle astronomiche pretese dell’imprenditore newyorchese Paul D. Ceglia, l’uomo che nel 2010 ha rivendicato il controllo dell’84 per cento della piattaforma in blu . I legali del colosso social hanno chiesto al giudice di Manhattan di far cadere definitivamente il caso, accusando lo stesso Ceglia di aver fabbricato ad hoc alcuni documenti sul presunto accordo con il CEO Mark Zuckerberg.
Al centro del contendere era finito uno scambio di email risalente all’anno 2003, quando Zuckerberg avrebbe aiutato Ceglia nella realizzazione di un progetto di mappatura chiamato StreetFax . Con l’inclusione di alcune quote della piattaforma ormai pronta a conquistare il mondo della condivisione . Gli avvocati di Facebook hanno però smentito qualsiasi contatto tra il giovane Mark e l’imprenditore della Grande Mela.
Davanti al giudice di Manhattan sono ora finiti i risultati di accurate analisi commissionate dal social network alla società statunitense Stroz Friedberg , fondata da un ex-agente del Federal Bureau of Investigation (FBI). I periti assoldati da Facebook hanno così scandagliato i fondali di vari hard disk consegnati da Ceglia alla corte, alla ricerca di metadati per la verifica delle email scambiate tra i due protagonisti .
Ceglia avrebbe così fabbricato ad hoc una catena di messaggi, la cui validità è stata tradita da orari d’invio e ricezione del tutto sballati . I periti di Stroz Friedberg avrebbero poi trovato un contratto risalente al 2003 in cui viene effettivamente citato Zuckerberg e il progetto StreetFax . Non una parola su thefacebook o sulle presunte quote azionarie detenute dall’imprenditore.
Si tratterebbe della classica prova del nove . Secondo i legali di Facebook, Ceglia avrebbe modificato il contratto e creato una catena di messaggi di posta per dimostrare l’accordo con Zuckerberg . L’uomo avrebbe così tentato una vera e propria frode nei confronti del social network e della corte di New York. Calerà davvero il sipario su questo dramma high-tech ?
Mauro Vecchio