Alle prime indiscrezioni avrebbero fatto seguito richieste ufficiali. I giganti del web dovrebbero monitorare il flusso dei contenuti pubblicati dagli utenti attivi nell’area indiana . Con le alte autorità di Nuova Delhi a caccia di materiale sgradito perché ritenuto diffamatorio, sovversivo.
Ma i vertici locali di società del calibro di Facebook e Google non hanno alcuna intenzione di implementare un simile meccanismo di monitoraggio dei contenuti online. I cosiddetti intermediari del web dovrebbero rimanere neutrali, non vogliono sobbarcarsi la responsabilità di decidere cosa sia o non sia legale .
Un portavoce del social network in blu ha dunque sottolineato come solo quei contenuti in violazione delle policy interne possano essere rimossi . Materiale che inciti all’odio o alla violenza, ma anche relativo a minacce e nudità. La pubblicazione di opinioni differenti – o sovversive, secondo il governo indiano – dovrebbe invece rimanere online.
Una posizione simile è stata assunta dal motore di ricerca Google: le rimozioni sono possibili solo se in presenza di una specifica ordinanza diramata da un giudice competente . Visioni differenti della politica o dell’attualità resterebbero intoccabili se nel rispetto delle leggi o delle condizioni d’uso dei servizi di Mountain View.
Per il ministro indiano per le Telecomunicazioni Kapil Sibal si tratterebbe invece di preservare le varie correnti religiose in terra asiatica . Lo stesso Sibal aveva citato una pagina in blu aperta dagli utenti per gettare fango sull’attuale presidente del Partito del Congresso Sonia Gandhi.
Mauro Vecchio