A giudicare dagli ultimi dati ufficiali di spesa, sembra che Google e Facebook abbiano concentrato gran parte della loro attenzione su Washington piuttosto che su Mountain View e Palo Alto. I numeri sotto la voce “lobbying” presenti nei resoconti delle due aziende segnalano una frenetica attività di relazioni istituzionali che i due colossi ICT hanno dispiegato nel secondo trimestre di quest’anno.
BigG ha sborsato 2,06 milioni di dollari (quasi 1,4 milioni di euro), registrando un incremento pari al 54 per cento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Nel primo trimestre, invece, Mountain View aveva speso 1,48 milioni di dollari (circa un milione di euro) solo per pagare gli avvocati, mentre nel corso dell’anno passato il budget totale per questo capitolo di spesa ha toccato i 5,2 milioni di bigliettoni (oltre 3,6 milioni di euro): una cifra che, secondo gli analisti, potrebbe essere sorpassata già dal prossimo trimestre se i ritmi di spesa si mantengono costanti.
Anche Facebook registra un record di spesa per le azioni di lobbying, pur rimanendo al di sotto delle performance di Google. Nel secondo trimestre dell’anno corrente l’azienda di Zuckerberg ha elargito 320mila dollari (quasi 223mila euro), cifra inferiore rispetto ai 351.390 dell’anno scorso ma sufficienti per superare il totale della spesa del 2010, con previsioni per il 2011 che raggiungono il milione di dollari.
Per quanto concerne le aree di interesse del sito in blu, troviamo la regolamentazione delle aziende che si occupano di software e le restrizioni dell’accesso a Internet da parte dei governi stranieri, la riforma dei brevetti, le misure sulla sicurezza online, la regolamentazione in materia di privacy, la sicurezza digitale e le regole che permettano agli eletti delle istituzioni di accedere ai social media e confrontarsi con i cittadini, tutti temi discussi dagli ambasciatori di Zuckerberg con i rappresentanti istituzionali di riferimento.
Il discorso si fa più delicato per Google. A giudicare dai resoconti provenienti da Oltreoceano, sembra infatti che Eric Schmidt intenda le attività di lobbying come centrali nell’ambito della sua gestione . Un’influenza considerata crescente, quella esercitata da Mountain View su Washington, che ha spinto il gruppo in difesa dell’interesse pubblico Consumer Watchdog a richiedere la registrazione formale come lobbista da parte del CEO di Google, dal momento che egli stesso si trova a investire molto tempo nella gestione delle relazioni con il governo.
“Schmidt potrebbe tranquillamente aver raggiunto il limite richiesto per la registrazione come lobbista; egli sta cercando chiaramente di influenzare le politiche istituzionali”, ha dichiarato John Simpson, direttore di Consumer Watchdog . Secondo quest’ultimo, la crescita degli esborsi di Google è da riferirsi alle recenti indagini in materia di antitrust aperte dalla Federal Trade Commission (FTC).
Cristina Sciannamblo