Tutto è partito da una vicenda di cronaca nera . Sfortunata protagonista, una ragazzina britannica di 17 anni, iscritta al social network più popoloso d’Albione, Facebook. Approcciata online da un suo coetaneo, Ashleigh Hall aveva deciso di incontrarlo nella vita reale, con tragiche conseguenze. Il vero nome di Peter Cartwright era in realtà Peter Chapman, un uomo di 33 anni.
Un uomo che dovrà adesso scontare 35 anni di carcere per aver brutalmente assassinato una ragazza di 17 anni, Ashleigh Hall. La vicenda ha quindi fatto scattare una sorta di allarme generale in terra britannica. Esponenti del governo, seguiti a ruota da una serie di agenzie impegnate nella tutela dei minori, hanno così iniziato ad esercitare forti pressioni sui responsabili di Facebook .
Pressioni che sono state sintetizzate nel corso di un incontro tra il social network in blu e l’ Home Secretary britannico Alan Johnson. Al centro della discussione , la necessità da parte di Facebook di migliorare il suo impegno nella tutela dei minori iscritti al sito. Per evitare che si ripetano episodi come quello che ha coinvolto la giovane Ashleigh Hall.
Un bottone anti-panico, che Facebook dovrebbe installare sulla sua homepage oltre che su ogni profilo attivo dei suoi iscritti. Un bottone che, una volta premuto, invierebbe una comunicazione automatica al Child Exploitation and Online Protection (CEOP). Il centro britannico a tutela dei minori ha riportato alcuni dati: il 43 per cento di tutte le comunicazioni ricevute nel 2009 – un totale di 267 a partire da attività sul social network – sarebbe riconduicibile al fenomeno del grooming .
Ma l’idea di un bottone anti-panico non sembra piacere particolarmente a Facebook, che ha nel frattempo espresso tutto il suo cordoglio per la tragica dipartita della giovane Hall. Il social network in blu non avrebbe alcuna obiezione ad un collegamento diretto con il CEOP britannico, aggiungendo che ci saranno molti più link ad agenzie dello stesso tipo nelle pagine del suo Safety Center .
Il bottone potrebbe infatti essere inserito proprio in questo spazio del sito, almeno stando alle dichiarazioni di un portavoce di Facebook. Ma non sulla sua homepage o all’interno di ogni profilo, data l’esistenza di un sistema ritenuto già efficace nella segnalazione di abusi e contenuti pedopornografici. Ci sarà tuttavia un nuovo incontro, alla metà di aprile negli Stati Uniti, per discutere meglio di ciò che potrebbe venire fatto in più nella lotta ai predatori sessuali del web.
Mauro Vecchio