Se oltreoceano i pentiti del social network pensano a iniziative in grado di liberare i giovani dal disturbo ossessivo-compulsivo degli aggiornamenti di stato e delle chat tra “amici”, in Europa le autorità pensano piuttosto a condannare il più esteso business della socialità telematica per il mancato rispetto della privacy e delle leggi locali.
È successo ad esempio in Germania , dove la settimana scorsa una corte ha dato ragione all’associazione dei consumatori Verbraucherzentrale Bundesverband (vzbv) nella sua contesa legale contro Facebook. Motivo del contendere: il mancato consenso dell’utente sulle pratiche di raccolta dei dati.
Per vzbv – e quindi per il giudice che ha dato ragione all’associazione – Facebook non ha fatto abbastanza per informare gli utenti in merito alle opzioni sulla privacy abilitate di default nella app mobile ufficiale, potendo ad esempio tracciare la location dell’utente (comunicandola all’interlocutore nelle chat) senza prima chiedere il consenso informato all’operazione.
Ancora più dura è stata poi la sanzione decisa dalla Corte di Bruxelles, in Belgio, in merito a un caso promosso dalla Commissione sulla privacy del paese: Facebook ha raccolto i dati degli utenti e li ha tracciati (tramite pixel invisibili) in maniera illegale , e ora la corporation statunitense dovrà cancellare tutti i dati sulle abitudini di navigazione dei cittadini belgi.
L’alternativa, per il social network, è vedersi comminata una multa da €250.000 al giorno fino a un massimo di €100 milioni. Inutile dirlo, la sentenza è stata accolta con “disappunto” da Facebook mentre il Segretario di Stato Philippe De Backer ha salutato la decisione dei giudici come “una vittoria per la privacy” senza se e senza ma.
Alfonso Maruccia