Un sintetico documento di circa 13 pagine, pubblicato in esclusiva dalla redazione del sito statunitense Gawker.com . Una serie di controverse linee guida sfuggite al controllo del gigantesco social network Facebook, consegnate per ripicca dal 21enne cittadino marocchino Amine Derkaoui .
Come riuscire a gestire al meglio il flusso dei contenuti proveniente da più di 800 milioni di utenti in tutto il mondo? Facebook ha appaltato l’onere del delicato controllo alla società oDesk , che in sostanza paga – 1 dollaro l’ora, secondo Derkaoui – i membri di uno staff votato al continuo monitoraggio delle segnalazioni piovute dagli utenti in blu.
Rimuovere o non rimuovere? È questo l’amletico dubbio che attanaglia i collaboratori di oDesk per conto della piattaforma di Mark Zuckerberg. Le linee guida contenute nel documento – titolo: Abuse Standards Violations – si presentano in maniera contraddittoria. Un esempio? I capezzoli femminili sono vietati nelle foto social, ma non quelli maschili .
E poi, una testa schiacciata può rimanere online solo se non eccessivamente insanguinata. Vietate inoltre le immagini che ritraggono le madri nell’atto di allattare al seno scoperto i propri pargoletti . Via libera invece per palpeggiamenti, preliminari sessuali e baci omosessuali.
O ancora , i cosiddetti sex toy non sarebbero ammessi se in un contesto di esplicito rapporto sessuale. Facebook non gradirebbe immagini ritoccate di persone o rappresentazioni d’ubriachezza. Così come sederi troppo al vento o espressioni violente anche nel linguaggio negli aggiornamenti di status .
Al di là delle linee guida, Amine Derkaoui ha lanciato il grido d’accusa contro lo “sfruttamento da terzo mondo” deciso da Facebook per questo straziante lavoro di monitoraggio delle segnalazioni d’abuso.
Mauro Vecchio