L’acquisizione miliardaria di WhatsApp da parte di Facebook è conclusa da tempo, con il benestare delle autorità, ma la condivisione dei dati fra i due servizi è una iniziativa relativamente recente, capace di far fruttare un accordo che era stato descritto come una semplice operazione espansiva, capace di scompaginare gli equilibri sul mercato, creando una entità dotata di un bacino di utenze ancor più ampio, ancor più profilato, ancor più appetibile per gli inserzionisti. È per questo motivo che, alla luce dell’inatteso annuncio dell’incrocio dei dati tra Facebook e WhatsApp, la Commissione Europea ha inviato una comunicazione degli addebiti : il social network avrebbe omesso dei dettagli determinanti, al momento delle indagini.
Facebook, annunciate le proprie intenzioni espansive nel 2014, aveva giocato d’anticipo con l’Europa sollecitando un’indagine sul mercato: l’UE aveva sondato i pareri dei concorrenti e aveva accordato il via libera all’operazione, giudicando che non rappresentasse un ostacolo alla competizione sul mercato delle comunicazioni, delle piattaforme di social networking, dell’advertising online.
Nonostante il mercato sia evoluto nel corso dei mesi, nonostante Facebook abbia immaginato per i propri servizi un futuro ancora più redditizio, l’Europa non intende ora tornare sui propri passi: lo statement of objection per Facebook non riguarda l’acquisizione e non ha influenza sull’acquisizione, ma a che fare con le informazioni contestuali all’operazione fornite da Facebook alla Commissione Europea.
Si tratterebbe di informazioni “non corrette o forvianti”, secondo l’antitrust UE: si spiega che la Commissione, nel 2014, aveva preso in esame anche la possibilità che Facebook collegasse gli account dei propri utenti a quelli degli utenti di WhatsApp. Aveva chiesto chiarimenti al social network, il quale aveva spiegato che “non sarebbe stato in grado di stabilire collegamenti automatici affidabili tra gli account degli utenti delle due aziende”.
Alla luce del recente cambio di policy che ha aperto la strada alla condivisione dei dati fra i due servizi, la Commissione ritiene che Facebook abbia illustrato il quadro in maniera erronea nel 2014: “a differenza delle dichiarazioni di Facebook e delle risposte offerte da Facebook durante l’analisi – spiega l’antitrust UE – la possibilità tecnica di collegare automaticamente gli ID degli utenti di Facebook con quelli degli utenti di WhatsApp esisteva già nel 2014”. Il social network, dunque, “intenzionalmente o per negligenza” avrebbe fornito informazioni non corrette o forvianti .
Facebook, nei mesi scorsi, è già finita nel mirino di diverse autorità europee , compresi il Garante Privacy e l’ AGCM , impensierite dalle implicazioni sui diritti dei consumatori della condivisione dei dati fra il social network e WhatsApp. Per questo motivo ha provveduto alla temporanea sospensione della sovrapposizione dai dati, fatta eccezione per le funzioni atte a contrastare lo spam. Ciò non sembra però avere alcun effetto sulle accuse preliminari formulate dall’antitrust: Menlo Park avrà tempo fino alla fine di gennaio per rispondere all’Europa, che potrebbe decidere di infliggerle una sanzione pari all’ 1 per cento del fatturato annuale . Il social network, per il momento, confida nel fatto che la successiva analisi del quadro “confermerà che Facebook ha agito in buona fede”.
Gaia Bottà