Secondo i garanti della privacy europei i cambiamenti alle impostazioni di privacy introdotte da Facebook sarebbero “inaccettabili”. L’associazione Articolo 29 si unisce così (idealmente) ai dubbi sollevati dal senato statunitense, che ha chiesto maggiore trasparenza al social network in blu. In realtà non è la prima volta che il gruppo chiede a Facebook maggiore attenzione nei confronti di tali tematiche.
Pomo della discordia , stavolta, sono le impostazioni degli account che vengono selezionate di default nella versione più permissiva e non in quella restrittiva : se determinate informazioni vogliono essere condivise con un numero limitato di persone o non si vuole che vengano indicizzate l’utente deve andare a rimuovere il permesso concesso automaticamente (e involontariamente) nelle impostazioni del suo account. Problemi, in particolare, vi sarebbero dal momento in cui alcuni utenti non conoscono affatto tali opzioni o quando Facebook cambia le impostazioni resettando anche le scelte precedentemente compiute dall’utente.
Anche per questo la privacy sarà il principale argomento del prossimo meeting dei vertici di Facebook.
D’altronde il problema per il social network non sono tanto le possibili conseguenze legali (Articolo 29, per esempio, non ha alcun potere coercitivo), quanto il rischio di perdere la fiducia degli utenti , che come dimostra – per esempio – la parabola di MySpace, non sono indissolubilmente legati ad una piattaforma. Si iniziano infatti a raccontare le storie di chi il social network in blu l’ha lasciato.
D’altronde alternative ce ne sono: una, per esempio, è rappresentata dal progetto Diaspora , che si presenta come un social network open source, attento alla privacy e direttamente controllabile dai singoli. Attualmente ancora nella fase di raccolta fondi, ha ricevuto una discreta attenzione anche per le crescenti critiche sollevate nei confronti di Facebook. E per raccogliere i 10mila dollari a cui puntava si è rivolto ad un altro strumento particolare, kickstarter , una sorta di social network finanziario e su cui ha già raccolta quasi 100mila dollari in investimenti segnando un clamoroso successo.
Claudio Tamburrino