Sulla rivista Proceedings of the Royal Society B Biological Sciences è stato pubblicato uno studio, condotto da un team di ricercatori della UCL ( University College London ), che dimostra una correlazione tra la grandezza di alcune aree cerebrali e l’ampiezza della propria rete di amici su Facebook .
La ricerca è stata condotta su un gruppo di 150 volontari, di cui sono state analizzate le risonanze magnetiche della testa. Sono stati, poi, contati i loro amici, sia su Facebook sia nella vita reale. In realtà la correlazione tra la rete “reale” e il volume della matera grigia è stata rilevata per una sola area cerebrale, l’ amigdala : un precedente studio aveva già dimostrato un legame di proporzione diretta tra la materia grigia e l’ampiezza e la complessità delle reti sociali reali.
Per le restanti tre aree del cervello considerate, invece, la correlazione tra la loro dimensione e la dimensione delle reti sociali esiste solo quando si parla di amici virtuali, mentre è totalmente assente nel caso di amici reali . Le aree analizzate sono: il solco temporale superiore , area legata alla percezione sociale, la circonvoluzione temporale media , associata alla lettura degli stimoli sociali, e la corteccia entorinale , legata alla memorizzazione.
Il problema è che, nonostante sia stata evidenziata una correlazione tra i due fenomeni, non è stato ancora possibile stabilire la direzione di tale correlazione : le persone con queste tre aree del cervello particolarmente sviluppate sono maggiormente predisposte a stabilire amicizie su Facebook, o la dimensione della propria rete sociale può stimolare le aree del cervello in questione?
La risoluzione di questo punto è centrale non solo per il caso specifico della singola ricerca ma per l’interpretazione di un concetto più ampio: “La domanda interessante ora – spiega il dottor Ryota Kanai , tra i ricercatori autori dello studio – è se queste strutture cerebrali possano cambiare nel tempo. Questo può aiutarci a rispondere a un’altra domanda: Internet sta cambiando i nostri cervelli?”.
Persino il professor Dunbar , autore della celebre teoria del numero massimo di relazioni instaurabili, è intervenuto sul tema, concordando che “la questione rilevante rimasta insoluta è se queste parti del cervello siano determinate dai geni o se, inserendo delle persone in un adeguato contesto sociale, queste aree cerebrali crescano e, quindi, possa crescere a sua volta il numero di relazioni che si possono intrattenere nella vita adulta”.
Lo studio, infine, riportano gli autori, ha dimostrato anche che il numero di amici su Facebook riflette il numero di amici non virtuali. Se questo fosse vero si metterebbero a tacere le ricerche che collegano il massiccio uso di Internet all’aumento delle diagnosi di autismo. In realtà, però, è una questione ancora controversa e non mancano le voci fuori dal coro: la dottoressa Heidi Johansen-Berg del Centro per l’imaging a risonanza magnetica funzionale del cervello dell’Università di Oxford, ha dichiarato che in realtà lo studio dimostra solo una debole relazione tra il numero di relazioni Facebook e il numero di amici nel “mondo reale”.
“Può darsi – prosegue – che il numero di amici Facebook sia più strettamente correlato con il quantitativo di tempo passato su Internet, con l’età o con il tipo di telefonino che si possiede”. “Lo studio – conclude Johansen-Berg – non è in grado di dire se usare Internet sia una cosa buona o meno per i nostri cervelli”.
Elsa Pili